11/15/2024 | Press release | Distributed by Public on 11/15/2024 10:45
Il Mediterraneo, oggi come non mai, è al centro degli interessi internazionali e sembra ritrovare anche l'attenzione del suo attore naturale, l'Europa. Un'Europa negli ultimi tempi distratta a causa dell'aggressione subita da più di due anni sul suo fianco orientale, con l'invasione russa dell'Ucraina. L'attacco di Hamas del 7 ottobre del 2023, la successiva risposta militare di Israele su Gaza e Libano (e non solo), lo scambio di attacchi balistici tra Israele e Iran e gli attacchi Houthi (alleati dell'Iran, nell'ambito del cosiddetto Asse della Resistenza, che comprende anche Hezbollah in Libano) contro le navi transitanti per il Mar Rosso hanno riconsegnato al Mediterraneo una centralità (purtroppo in negativo) di natura geopolitica.
Ma non sono solo le dinamiche locali a rinnovare l'interesse europeo e delle maggiori potenze sull'area. L'attuale fase di riconfigurazione globale delle catene del valore, infatti, implica, tra le altre conseguenze, uno spostamento generale dei flussi commerciali internazionali. Ne deriva che alcuni Paesi dell'area potrebbero beneficiare di alcuni processi di near-shoring e friend-shoring in un contesto di possibile nuova tendenza alla regionalizzazione e all'allineamento geopolitico degli scambi internazionali.
In questo senso, il Mediterraneo rappresenta al tempo stesso un'area di crisi ma anche di opportunità . Se il lato della crisi è evidente nel quadro delle tensioni crescenti già accennate, il quadro delle opportunità risulta sicuramente più composito: si intrecciano differenti interessi economici e alleanze in via di formazione.
Come è noto, la regione MENA, in particolare i Paesi del Nord Africa, soffrono di un significativo gap infrastrutturale, che ha ostacolato l'integrazione della regione nelle catene del valore globali nel passato. Secondo l'OCSE e la Banca Mondiale, la regione MENA ha bisogno di oltre 100 miliardi di dollari all'anno (il 7% del PIL regionale annuale) per mantenere le infrastrutture esistenti e crearne di nuove. Il rafforzamento delle infrastrutture mediterranee è fondamentale, soprattutto in questo periodo di sconvolgimento delle catene globali del valore, in cui le politiche industriali e le emergenti priorità di sicurezza economica stanno ridisegnando la logistica globale e le necessità di connettività .
Il Canale di Suez è esemplificativo della centralità del bacino del Mediterraneo: rappresenta uno dei maggiori choke points internazionali, attraverso cui transitano il 12% del traffico marittimo mondiale e il 30% del traffico container. Canale che aveva rafforzato la sua importanza a seguito del completamento del suo raddoppio nel 2015, con un conseguente interesse da parte della sempre più emersa Repubblica popolare cinese, che proprio due anni prima aveva lanciato il suo grande piano infrastrutturale Belt and Road Initiative (BRI).
E i risultati si son presto visti. Dal 2013 a oggi gli investimenti cinesi nella Sponda Sud del Mediterraneo sono ammontati a 50 miliardi di dollari (60 se si considera anche la Turchia), in particolare in Egitto e Algeria, dove aziende cinesi sono impegnate in importanti progetti infrastrutturali. La Cina considera l'Algeria come una porta d'accesso all'Africa e sta attualmente costruendo 6.000 km di linee ferroviarie nel Paese, oltre a finanziare e costruire il porto di El Hamdania, che sarà il più grande porto algerino in acque profonde.
In Egitto la Cina sta finanziando diversi progetti, che vanno dalla costruzione della Nuova capitale amministrativa all'espansione della rete ferroviaria egiziana (compreso il tratto che collega la Nuova capitale amministrativa al Cairo) e vari investimenti nella zona di cooperazione economica e commerciale Cina-Egitto TEDA Suez (SETC-Zone). Inoltre, l'Egitto sta attuando una strategia di sviluppo portuale per il 2030, volta a modernizzare le infrastrutture in linea con gli standard internazionali e delle maggiori economie di mercato, nonché a integrare i suoi porti con altre modalità di trasporto. Nell'ambito di questa strategia, Pechino ancora una volta svolge un ruolo di primo piano: la cinese COSCO detiene una partecipazione del 20% nel Suez Canal Container Terminal, a Port Said Est, e del 25% nel prossimo terminal container di Ain Sokhna. Inoltre, Hutchinson Ports sta investendo più di 1,5 miliardi di dollari in Egitto, per costruire insieme alla Marina egiziana un nuovo terminal container presso la Abu Qir Naval Base.
Nel 2022 il Marocco e la Cina hanno invece firmato il piano di attuazione congiunto Belt and Road, che si concentra sull'integrazione delle infrastrutture ferroviarie e stradali esistenti, nonché sullo sviluppo di nuovi progetti energetici e di industrie di tecnologia pulita. Un quadro consolidato, ma che proprio alla luce del rallentamento economico e dei problemi interni cinesi, potranno nel presente e nel prossimo futuro lasciare spazio a nuovi attori.
Anche la Russia ha importanti interessi strategici ed economici nel Mediterraneo. Sta aumentando la sua presenza in Libia con sostegno finanziario e investimenti infrastrutturali che potrebbero potenzialmente portare alla creazione di un nuovo avamposto navale. Inoltre, sempre Mosca ha costruito la prima centrale nucleare egiziana a El Dabaa e investe da tempo nella Suez Canal Investment Zone.
La regione non è estranea all'emergere di una nuova "geometria del commercio". Se le principali potenze economiche stanno infatti riducendo le distanze geografiche e geopolitiche e diversificando le origini dei loro scambi, questa rimodulazione delle catene globali del valore crea opportunità per alcuni Paesi. Possibilità di fungere sempre più da connettori economici nel Mediterraneo, collegando le economie occidentali da un lato e la Cina dall'altro. I Paesi che dispongono di solide infrastrutture e di accordi commerciali con i principali blocchi economici (Stati Uniti, Unione europea e Cina) sono nella posizione migliore per beneficiare di questo scenario delle relazioni economiche e commerciali in rapida evoluzione.
Nella regione il Marocco si distingue come candidato ideale per questo scopo. Rabat sta sviluppando attivamente le sue infrastrutture per diventare un hub regionale e globale per la logistica, il commercio e l'industria e ha sviluppato accordi commerciali ed economici con le principali economie mondiali. Il Paese sta attirando investimenti da economie leader in settori clean tech di alto valore, in particolare per la produzione di batterie e veicoli ibridi e/o elettrici. Ad esempio, l'azienda cinese Gotion High-Tech ha in programma di costruire in Marocco la prima gigafactory africana per la produzione di batterie. Questo nuovo impianto industriale, con un investimento di 6,4 miliardi di dollari, dovrebbe generare fino a 25.000 posti di lavoro. La fabbrica contribuirà in modo significativo all'obiettivo del Marocco di produrre 1 milione di veicoli, un aumento sostanziale rispetto alle 60.000 auto prodotte nel 2010 e alle 465.000 attuali. In particolare, il 90% di questi veicoli è destinato all'esportazione.
Non è un caso che il Marocco vanti alcune delle migliori infrastrutture della regione. Nel 2018 il Paese ha inaugurato la prima linea ferroviaria ad alta velocità dell'Africa, la linea Al-Boraq di 323 km, che collega Tangeri a Casablanca. Sulla base di questo risultato, il governo marocchino ha annunciato una strategia ferroviaria 2040 per espandere la rete ferroviaria di 5.100 km, con un investimento stimato di 39 miliardi di dollari. In particolare, le Ferrovie nazionali marocchine (ONCF) prevedono di costruire 1.300 km di linee ad alta velocità e 3.800 km di nuove tratte convenzionali. Questa espansione aumenterà il numero di città servite dalla rete nazionale da 23 a 43, fornendo accesso ferroviario all'87% della popolazione. Inoltre, si prevede che la rete ad alta velocità si estenda fino al confine con l'Algeria e si colleghi alla città di Marrakech.
Infine, la presenza del porto di Tanger MED, il più grande della regione mediterranea, insieme alla zona industriale a esso associata, fornisce al Paese una risorsa formidabile per affermarsi come connettore economico e hub logistico globale, attirando i flussi atlantici dagli USA ma anche quelli cinesi che, in particolare oggi, stanno aggirando Suez.
Data l'attuale fase di riconfigurazione delle catene globali del valore, la regione mediterranea sarà in ogni caso sottoposta a un ampio processo di adattamento delle infrastrutture. Il near-shoring e il friend-shoringpotrebbero riorientare i flussi commerciali, modificando potenzialmente la natura delle esigenze di infrastrutture di trasporto. Ad esempio, il near-shoring potenzierà le rotte marittime a corto raggio tra Paesi vicini, in particolare quelli della sponda settentrionale e meridionale del Mediterraneo. Testimone di questo processo è, ad esempio, l'annuncio a ottobre di nuove rotte che saranno stabilite dal porto di Trieste con l'Egitto (Damietta) entro la fine del 2024, con spedizioni di prodotti agroalimentari, e con la Turchia (Ambarli).
Al tempo stesso, il friend-shoring rafforzerà le relazioni economiche e commerciali con nuovi partner, come gli Stati del Golfo e l'India, che si stanno sempre più impegnando per diventare hub logistici e produttivi globali.
Centrali in questo ultimo tipo di processi sono iniziative create nell'ambito ad esempio del G7, quali l'IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor), varato nel quadro della Partnership for Global Infrastructure and Investment dei Sette Grandi. Sebbene le potenziali tensioni in Medio Oriente possano minare o ritardare il progetto e i dettagli specifici del percorso non siano ancora chiari, il progetto promette di diversificare in modo significativo la connettività tra Europa e Asia, incrementando così il commercio e il traffico merci nella regione del Mediterraneo.
Il Corridoio, che dovrebbe includere anche un cavo elettrico sottomarino, un cavo digitale e il trasporto di idrogeno verde, comprenderà ferrovie, reti navali e altre vie di trasporto. Secondo il piano iniziale, entrerà nel Mediterraneo attraverso Israele, collegandosi ai porti di Grecia e Italia. Si prevede che questo porterà a un aumento degli investimenti indiani nel Mediterraneo e a un incremento dei flussi commerciali.
In questo contesto l'India considera il porto del Pireo come una porta cruciale per il Mediterraneo e l'Europa: New Delhi ha recentemente elevato le sue relazioni con la Grecia al livello di strategic partnership, con l'intenzione di rafforzare gli investimenti infrastrutturali nella regione. Resta da vedere come la Cina, principale azionista del porto del Pireo, risponderà agli interessi del G7 e dell'India in questa infrastruttura portuale chiave del Mediterraneo. Ma la strada di New Delhi è chiara: all'inizio del 2023 l'indiana Adani Ports ha completato l'acquisizione del porto di Haifa per 1,15 miliardi di dollari, uno dei principali porti marittimi israeliani del Mediterraneo. Questa acquisizione sosterrà fortemente l'IMEC poiché il porto di Haifa è il punto di ingresso della rotta marittima dal Medio Oriente al Mediterraneo. Infine, per quanto riguarda le infrastrutture energetiche, l'IMEC potrebbe favorire una maggiore cooperazione internazionale tra Mediterraneo, Medio Oriente e India. L'Egitto ha recentemente firmato diversi memorandum che potrebbero attrarre fino a 40 miliardi di dollari in progetti di idrogeno verde, con una stima di 12 miliardi di dollari provenienti dall'India e ulteriori investimenti dai Paesi del Golfo.
Proprio i Paesi del Golfo stanno emergendo come player sempre più fondamentali nei nuovi equilibri economici della sponda sud del Mediterraneo. Nel dicembre 2023 Marocco ed Emirati Arabi Uniti hanno adottato un memorandum d'intesa per sottolineare l'importanza di rafforzare le loro già fiorenti relazioni economiche, in particolare nel settore delle infrastrutture. Il Marocco è quindi emerso come una destinazione chiave per gli investimenti emiratini, con il potenziale di attrarre fino a 30 miliardi di dollari in progetti nei prossimi anni. Il partenariato si concentrerà in particolare sull'espansione delle ferrovie, compreso il treno ad alta velocità Kenitra-Marrakech; sullo sviluppo degli aeroporti di Casablanca, Marrakech, Dakhla (Dakhla Hub) e Nador; sugli investimenti nelle infrastrutture portuali, in particolare il porto di Nador West Med e il porto atlantico di Dakhla.
Nell'ambito della strategia marocchina per l'idrogeno verde, Rabat ha introdotto nuovi incentivi per attrarre investitori. Gli EAU sono in prima linea: a dicembre la Abu Dhabi National Energy Company, proprietaria di maggioranza di TAQA Marocco, ha annunciato l'intenzione di investire 10 miliardi di dollari in un'iniziativa di idrogeno verde nella regione di Dakhla-Oued El-Dahab, nel Sahara occidentale. Questo investimento contribuirà in modo significativo agli sforzi di decarbonizzazione del Marocco, generando fino a 6 GW di energia rinnovabile. Ma gli EAU non sono soli: l'Arabia Saudita intende aumentare gli investimenti nello Stato nordafricano anche attraverso un fondo congiunto di investimenti e il gruppo indiano Adani ha diffuso un piano di investimenti per una generazione complessiva di energia rinnovabile pari a 10 GW nel Paese.
Gli Emirati hanno svolto un ruolo fondamentale anche nel quadro dell'evoluzione della situazione economica egiziana, costellata di crisi, inflazione alle stelle, alto livello di deficit pubblico, anche a causa di spese ingenti per la costruzione di nuovi progetti infrastrutturali, come la Nuova capitale amministrativa. Un quadro macroeconomico aggravato dalle tensioni sul Mar Rosso (con la perdita degli introiti su Suez, che nel 2023 garantivano al Paese 8 miliardi di dollari) e dalla guerra tra Israele e i suoi vicini.
Proprio per stabilizzare il Paese, Abu Dhabi - dopo il prestito FMI - ha concesso al Cairo ulteriori 35 miliardi, pari al 7% del PIL degli EAU stessi. La maggior parte di questo pacchetto di investimenti si concentrerà sullo sviluppo delle infrastrutture. Guidato principalmente dalla Abu Dhabi Developmental Holding Company (ADQ), il progetto mira a costruire la più grande nuova città dell'Egitto, un polo turistico e finanziario, insieme a una zona franca e a un aeroporto a Ras El-Hekma. Posizionato a ovest della città di Alessandria, il progetto punta a 8 milioni di turisti all'anno e l'inizio dei lavori è previsto per il 2025. L'investimento faciliterà la costruzione di mega-infrastrutture e stabilirà nuovi collegamenti di trasporto con i principali centri urbani egiziani, oltre a promuovere infrastrutture energetiche verdi. Anche per quanto riguarda il progetto della Nuova capitale amministrativa del Paese, gli EAU hanno annunciato investimenti per alleviare lo sforzo finanziario del governo egiziano.
In questo scenario, l'Egitto si sta posizionando come leader regionale nello sviluppo delle infrastrutture di trasporto. Il Paese sta effettuando ingenti investimenti nella costruzione di nuove linee ferroviarie ad alta velocità. Sono previste quattro nuove linee, per un totale di 2.250 chilometri, che collegheranno più di 80 città egiziane, comprendendo il 90% della popolazione del Paese ed estendendosi a Stati vicini come la Libia e il Sudan. Linee che serviranno anche a connettere i maggiori porti e aree industriali del Paese.
E proprio sui porti egiziani, anche gli EAU intendono giocare un ruolo. Nel 2023 la Zona economica del Canale di Suez in Egitto ha concluso accordi con il gruppo Abu Dhabi Ports per sviluppare progetti all'interno della zona, in particolare nei porti di Port Said Est, Port Said Ovest e Al Areesh. Inoltre, il gruppo degli Emirati ha firmato un accordo trentennale del valore di 200 milioni di dollari per lo sviluppo di un terminal multifunzionale nel porto di Safaga in Egitto. Questo terminal è destinato a diventare il primo porto a gestione internazionale a servire la regione dell'Alto Egitto.
Nel contesto mediterraneo il progetto IMEC si scontra invece con gli ambiziosi piani infrastrutturali della Turchia. Il presidente Erdoğan ha sottolineato che qualsiasi corridoio di questo tipo debba coinvolgere Ankara. Il Paese mira a svolgere un ruolo centrale e a capitalizzare la ridefinizione delle catene del valore globali. Di conseguenza, per attrarre l'industria manifatturiera ad alta tecnologia e affermarsi come connettore economico, la Turchia deve migliorare le sue infrastrutture e i suoi collegamenti logistici a livello mondiale. Al posto dell'iniziativa IMEC, Ankara ha sostenuto un'alternativa nota come Development Road Inititative, attualmente in fase di sviluppo e negoziazione con Iraq, Qatar ed Emirati. Questo percorso proposto, del valore di 17 miliardi di dollari, trasporterebbe le merci dal porto di Grand Faw nel sud dell'Iraq, ricco di giacimenti petroliferi, attraverso 10 province irachene fino alla Turchia, per poi raggiungere i mercati europei e mediterranei. Il piano prevede una linea ferroviaria ad alta velocità di 1.200 km, affiancata da una rete stradale parallela, da realizzare in tre fasi. Il completamento è previsto tra il 2028 e il 2050.
Per realizzare questi progetti ambiziosi, modernizzare le sue infrastrutture e posizionarsi come hubeconomico e logistico, la Turchia deve necessariamente collaborare con partner stranieri. Ancora una volta, i Paesi del Golfo stanno assumendo un ruolo di primo piano. Nonostante le passate tensioni geopolitiche, la Turchia e gli Emirati Arabi hanno siglato un accordo di investimento da 50 miliardi di dollari volto a iniettare nuovi capitali nel Paese, con particolare attenzione alle infrastrutture. Ciò include una potenziale acquisizione del porto di Smirne da parte dell'AD Ports Group emiratino, con un investimento di 500 milioni di dollari.
Tuttavia, Ankara sta perseguendo attivamente le sue politiche infrastrutturali, industriali e logistiche anche al di fuori dei suoi confini. Nel marzo 2024 il ministro dei Trasporti turco ha annunciato la firma di un memorandum d'intesa per la creazione di una zona economica turca a Marsa Matrou, situata nel nord-ovest dell'Egitto. Questo progetto comprende un porto commerciale, una zona industriale, una stazione cargo, zone di libero scambio e logistiche, tutte integrate con la rete ferroviaria, e ha il potenziale per attrarre fino a 7 miliardi di dollari di investimenti diretti.
Inoltre, la Turchia sta rivolgendo la sua attenzione a Ovest, verso la Libia. Dal 2020 Ankara ha assunto un ruolo di primo piano negli investimenti infrastrutturali finalizzati alla ricostruzione dell'economia libica. Dati recenti indicano che lo Stato anatolico è un attore chiave negli investimenti infrastrutturali in Libia, con i settori appaltanti turchi che hanno realizzato progetti per un totale di oltre 30 miliardi di dollari. Di recente, gli investitori turchi si sono impegnati a sostenere la transizione energetica libica e a rafforzare la rete elettrica libica.
L'Europa sembra aver compreso la posta in gioco sul suo confine meridionale. Un rinnovato interesse per l'area che cade alla vigilia dei 30 anni del Processo di Barcellona, più propriamente Partenariato euromediterraneo, e che ha portato alla nascita nel 2008 dell'Unione per il Mediterraneo.
Ora la sfida rimane principalmente quella della razionalizzazione. Creare sinergie tra i diversi fora e le politiche a disposizione. Dalla politica di vicinato alle reti transeuropee TEN-T, dal Processo di Barcellona al Global Gateway, da RepowerEU ai diversi piani nazionali, tra cui il Piano Mattei.
In questo scenario di molteplici politiche, fonti e piani di investimento, emerge tuttavia una direzione chiara: quella della connettività e dell'integrazione tra le due sponde. Dai nuovi collegamenti di trasporto marittimo già descritti fino alla previsione di un maggiore ruolo dello short-sea shipping nell'ambito del nuovo Regolamento sulle reti transeuropee TEN-T.
Ed è lo stesso Global Gateway dell'UE a chiarire la strada intrapresa: 11 nuovi corridoi strategici per l'integrazione delle catene del valore con l'Africa per connettere corridoi di trasporto e rendere le catene del valore sempre più complementari ed efficienti. Un elemento fondamentale, quello della diversificazione, centrale per la competitività europea, come chiarito anche dal Rapporto Draghi. Rapporto che, tuttavia, richiama anche alla cruciale dimensione finanziaria, che vale anche per il Mediterraneo. Senza investimenti sul tavolo, si tratta di progetti che rimarranno enunciazioni di principio. Servono naturalmente gli investimenti privati, che richiedono tuttavia un quadro regolatorio semplificato, capacità tecniche per garantire progetti di qualità e bankable e riforme per ridurre il rischio percepito dagli investitori privati. Ed è proprio qui che il Processo di Barcellona e l'Unione del Mediterraneo devono giocare un ruolo sempre più incisivo.
Energia e reti digitali sono inoltre due pilastri fondamentali della cooperazione Nord-Sud. Si moltiplicano i progetti di connettività delle reti elettriche, ad esempio attraverso nuovi elettrodotti sottomarini tra Grecia ed Egitto, Spagna e Marocco e Italia e Tunisia (ElMed), finanziati anche attraverso fondi UE. Nel quadro dell'idrogeno verde, poi, Italia, Germania, Algeria e Tunisia hanno dato il via al progetto per un nuovo gasdotto per l'idrogeno verde (H2 South Med) che dovrebbe poter fornire sino a metà delle importazioni necessarie all'Europa nel 2030. Si tratta di tasselli fondamentali della transizione e diversificazione energetica europea, con una prospettiva di cooperazione win-win, in quanto queste nuove "centrali di energia verde" produrranno crescita economica, stabilità e occupazione soprattutto nella Sponda Sud.
Altri progetti, come le reti sottomarine digitali Blue Med di Tim Sparkle e il consorzio MEDUSA, andranno a migliorare la connettività digitale e la ridondanza delle reti tra Sponda Nord e Sponda Sud del Mediterraneo, fornendo nuove opportunità di connettività digitale alle reti globali.
Resta ora da aumentare il coordinamento, non sprecare le risorse in progetti contrapposti tra Paesi europei. Il presidente francese Macron durante il recente viaggio in Marocco ha annunciato 10 miliardi di investimenti nel Paese (compresa nella rete ferroviaria per collegare Marrakesh), nel quadro di un miglioramento complessivo delle relazioni bilaterali. Quasi negli stessi giorni la premier italiana Meloni si trovava in Libia per chiudere accordi di investimento nel Paese, che sembra aver trovato una nuova, fragile, stabilità. I leader europei sembrano essersi accorti del tempo perso, ora però è fondamentale non ripetere gli errori del passato con iniziative in competizione l'una con altra. Sono invece da sostenere iniziative come quelle previste a Damietta, Egitto, in cui un consorzio di istituzioni internazionali ed europee (Damietta Alliance Container Terminal) finanzierà un secondo terminal container, triplicando la capacità del porto. La joint venture include aziende italiane, tedesche ed egiziane, con il supporto della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.
Il Mediterraneo nell'era dell'insicurezza economica risulta un baluardo di possibile consolidamento per l'Europa. Nel quadro delle strategie globali di sicurezza economica, che anche l'UE ha in fase di attuazione, il pilastro del partnering è imprescindibile. E il Mediterraneo è il candidato naturale a svolgere un ruolo di partner per l'Europa: da migliori e più fruttuose relazioni con i vicini del Sud può nascere un'Europa più forte e competitiva per affrontare le grandi incognite economiche (e non solo) globali.