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ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

24/07/2024 | Press release | Distributed by Public on 24/07/2024 15:28

Pechino tra Palestina e Ucraina: diplomazia senza confini

Mentre gli Stati Uniti sono in preda alle convulsioni di una campagna elettorale ricca di colpi di scena, la diplomazia cinese ne approfitta per ritagliarsi un posto al sole, forse due. Ieri a Pechino, 14 fazioni palestinesi, tra cui Hamas e Fatah, hanno firmato un accordo di "unità nazionale" volto a mantenere il controllo palestinese sulla Cisgiordania e su Gaza una volta conclusa la guerra. L'intesa, finalizzata dopo tre giorni di intensi colloqui, getta le basi per un "governo di riconciliazione nazionale ad interim" e, secondo al Jazeera, si fonda su quattro pilastri principali: l'istituzione di un governo di unità nazionale provvisorio; la formazione di una leadership palestinese unita in vista di future elezioni; la libera elezione di un nuovo Consiglio nazionale palestinese; e una dichiarazione generale di unità di fronte ai continui attacchi israeliani. Ma il vero punto di svolta sarebbe la riconciliazione tra Hamas e Fatah, i due principali partiti politici palestinesi acerrimi rivali sin dal conflitto scoppiato nel 2006, dopo il quale Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza, da dove ha sferrato l'attacco contro Israele del 7 ottobre scorso. La guerra che ne è derivata è stato il "fattore principale" che ha spinto le parti palestinesi a mettere da parte le loro divergenze, ha spiegato Mustafa Barghouti, Segretario Generale di una delle 14 fazioni firmatarie, secondo cui l'accordo va "ben oltre" qualsiasi altro raggiunto negli ultimi anni: "Non c'è altra via ora che quella di unirsi e lottare insieme contro questa terribile ingiustizia", ​​ha affermato.

Israele alle strette?

Per il governo israeliano, che ha fatto dell'eliminazione di Hamas uno, se non il, principale degli obiettivi dichiarati dell'offensiva a Gaza, l'accordo è inaccettabile. "Invece di respingere il terrorismo, Mahmoud Abbas abbraccia gli assassini e gli stupratori di Hamas, rivelando il suo vero volto" ha commentato su X il ministro degli Esteri Israel Katz. E ha aggiunto che "in realtà, questo non accadrà mai perché il governo di Hamas sarà schiacciato e Abbas osserverà Gaza solo da lontano. La sicurezza di Israele rimarrà esclusivamente nelle mani di Israele". Significativo che nelle critiche provenienti dai funzionari israeliani, finora, non si faccia menzione del ruolo svolto da Pechino. L'annuncio dell'intesa arriva in un momento critico per Israele, con Benjamin Netanyahu in visita ufficiale a Washington dove nelle prossime ore pronuncerà un controverso intervento al Congresso degli Stati Uniti. Il premier dovrà poi fronteggiare i recenti cambiamenti nella politica interna statunitense, dove nei giorni scorsi Joe Biden ha annunciato il suo ritiro dalla campagna elettorale. La vicepresidente Kamala Harris, in lizza per subentrare a Biden nella corsa alla Casa Bianca, è stata più volte critica in passato per il modo in cui Israele ha condotto la sua guerra contro Hamas, alimentando il sospetto che se vincesse le elezioni potrebbe adottare una linea più dura nei confronti di Israele. Al contempo, la Cina mantiene buoni rapporti con lo Stato Ebraico anche se sostiene da decenni la causa palestinese: favorevole a una soluzione a due stati, Pechino ha già riconosciuto lo stato di Palestina.

Meglio essere cauti?

Sull'intesa raggiunta a Pechino, prontamente presentata dalla stampa cinese come un successo diplomatico, gli analisti avanzano cautele. Si tratta solo dell'ultimo di una lunga serie di accordi di riconciliazione, negoziati e poi interrotti, tra le due fazioni. Uno simile fu siglato nel 2022, sempre grazie alla mediazione di Pechino, da 14 fazioni palestinesi in Algeria. Ad oggi, nessuno di questi sforzi ha prodotto svolte significative nella frattura tra Hamas e Fatah. Anche tra i palestinesi di Gaza, alle prese con la devastazione di un conflitto di cui non si intravede la fine, l'annuncio è stato accolto con scetticismo. "Scendete sulla Terra e guardate gli ospedali in cui non c'è una sola goccia di sangue che possa salvare la vita delle persone - ha detto Kary Thabit, un residente della Striscia, raggiunto al telefono dal Washington Post - Guardate le persone nella parte settentrionale della Striscia che stanno morendo di fame. Guardate come i carri armati israeliani scorrazzano indisturbati. Queste persone [a Pechino] non mi rappresentano. Sono solo attori falliti".A complicare le cose, c'è il tempismo dell'iniziativa, arrivata in un momento di altissima tensione tra le due fazioni. Di recente il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ha detto che Hamas porta "la responsabilità legale, morale e politica" di prolungare la guerra di Gaza. I leader del partito islamista a loro volta hanno rinfacciato al presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, il cui mandato è scaduto nel 2009, di schierarsi con Israele e con gli Stati Uniti per mantenere il suo incarico.

Per pechino un successo diplomatico?

Gli insuccessi del passato e le divisioni del presente, tuttavia, non sembrano scoraggiare Pechino che già ad aprile aveva ospitato colloqui tra Hamas e Fatah. "La riconciliazione è una questione interna delle fazioni palestinesi, ma allo stesso tempo non può essere raggiunta senza il sostegno della comunità internazionale" ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi dopo la firma della dichiarazione. Per la Cina quello siglato ieri è un successo diplomatico in ogni caso, perché rilancia il ruolo di mediatore in Medio Oriente a cui Pechino ambisce da tempo. Il conflitto è scoppiato in un momento in cui la Cina aveva già cominciato a svolgere un ruolo più attivo nella politica internazionale: l'anno scorso Pechino aveva mediato un'intesa tra Iran e Arabia Saudita che aveva portato al ripristino delle relazioni diplomatiche per la prima volta dal 2016. E ancora prima, nel dicembre 2022, il presidente Xi Jinping aveva co-presieduto a Riad il consiglio di cooperazione tra Cina e paesi del Golfo, chiudendo svariate decine di accordi commerciali. Ma soprattutto, il leader cinese non fa che promuovere la visione di un ordine mondiale alternativo, criticando a più riprese "i fallimenti dell'egemonia" degli Stati Uniti. Un segnale importante in tal senso è la visita di due giorni del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba a Pechino per discutere "il ruolo della Cina nel raggiungimento della pace". Kuleba è il primo alto funzionario ucraino a visitare la Cina da quando la Russia ha invaso l'Ucraina nel febbraio 2022. L'obiettivo cinese è l'organizzazione di una nuova conferenza di pace riconosciuta da entrambe le parti. Di recente Zelensky ha comunicato l'intenzione di organizzare un altro vertice entro novembre, esortando i rappresentanti russi a partecipare.

Il commento

Di Caterina Roggiero, ISPI MENA Centre

"A testimoniare la profonda spaccatura tra Hamas e Fatah, originatasi sin da quando l'OLP, dove Fatah è maggioritaria, ha riconosciuto Israele nel 1993, c'è il fatto che il riavvicinamento tra le due principali fazioni politiche palestinesi è ormai in corso da oltre un decennio: i due incontri più importanti del Cairo (2011) e di Algeri (2022) non hanno mai portato a concreti cambiamenti. Senza quindi alimentare troppe speranze, la dichiarazione comune di Pechino segna comunque un altro passo (più lungo) in avanti. L'urgenza di unirsi è oggi ricercata più dagli islamisti che dal partito di Abbas per due motivi: uscire dall'isolamento internazionale, mostrandosi diplomaticamente attivi pur mantenendo una netta postura anti-occidentale (lo scorso meeting era stato a Mosca a fine febbraio, e poi ancora a Pechino, ad aprile) e assicurarsi un ruolo nella gestione della Striscia - ma anche della Cisgiordania (dove il suo consenso resta alto) - per il dopoguerra. Per convincere Fatah che è il momento di andare oltre le divisioni, Hamas pronostica uno scenario catastrofico per cui dopo Gaza, Israele colpirà la West-Bank. In tal senso, la risoluzione della Knesset di qualche giorno fa che rifiuta la costituzione di uno Stato palestinese di certo non aiuta".

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