ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

10/08/2024 | Press release | Distributed by Public on 10/09/2024 01:41

Nucleare iraniano: a che punto siamo

Il Medio Oriente è avvitato da decenni sulla spirale del dilemma della sicurezza. Dal momento che i miei avversari si stanno armando, io non posso essere da meno per garantire la mia sopravvivenza. È su questa base che l'Iran ha avviato all'inizio del nuovo millennio il suo programma nucleare, ed è per lo stesso motivo che Israele farà di tutto per impedire che Teheran si doti dell'arma atomica.

L'arricchimento dell'uranioiraniano ha subito un'accelerazione negli ultimi mesi. Le ultime stime dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica sulla dotazione iraniana si attestano a circa 165 chilogrammi di uranio arricchito fino al 60%. Vale a dire non troppo distante dalla soglia di purezza necessaria - il 90% - che permette la costruzione di un ordigno nucleare. In meno di tre mesi Teheran ha aggiunto più di 20 kg di uranio arricchito, accelerando il ritmo di produzione grazie a quasi 11.000 centrifughe utili a separare l'isotopo U-238 dal suo gemello 235, che può essere usato per la fissione e generazione di elettricità o - in maggiori quantità - per la detonazione di una bomba. In pochi mesi l'Iran ha messo in funzione quasi 3mila centrifughe in più.

Quelle diffuse dall'AIEA sono, appunto, stime. L'accordo sul nucleare è stato stracciato dagli Stati Uniti guidati da Trump nel 2018 e da allora l'accesso alle infrastrutture non è stato più garantito con la stessa trasparenza di prima. L'Agenzia disponeva anche di telecamere per verificare in tempo reale la disponibilità di uranio arricchito ed evitare il suo occultamento, ma sono state danneggiate.

L'Iran non ha mai ammesso pubblicamente la volontà di dotarsi di un programma atomico militare. Ma i livelli di arricchimento che sta raggiungendo lasciano spazio a pochi dubbi. Per le attività civili, come la generazione di elettricità, l'uranio viene raffinato per portare la concentrazione di U-235 dallo 0,7% in cui si trova in natura fino al 3-5%. O al più al 20, in alcuni casi. Sopra tale soglia, non ci sono scopi civili per cui arricchire l'uranio. I 165 chilogrammi a disposizione dell'Iran, arricchiti al 60%, non possono dunque che avere usi militari. La raffinazione fino ad almeno il 90% è imprescindibile per far scattare la detonazione controllata della bomba e per ridurre le dimensioni dell'ordigno abbastanza per poter essere installato su un missile balistico o da crociera.

Questa è infatti la sfida che attende ora Teheran. Per l'arricchimento dell'uranio al 90%, secondo gli esperti, sarebbero necessarie solo un paio di settimane. E con le quantità rilevate dall'AIEA gli ayatollah potrebbero costruire diverse bombe atomiche, tra le 4 e le 6 testate. Numeri allarmanti, vista l'escalation in corso. Ma in realtà la comunità dell'intelligence occidentale non sembra rilevare troppi rischi immediati dal programma iraniano.

Prima di tutto per i tempi. Se per l'arricchimento sono sufficienti alcune settimane, per la produzione della bomba vera e propria servirebbero diversi mesi (per la costruzione del corpo e del sistema elettronico, che richiede alte capacità ingegneristiche). Altri mesi, fino ad almeno un anno o più, sarebbero necessari per lo sviluppo di missili in grado di trasportare l'ordigno fino al bersaglio. E poi sarebbero necessari i test sotterranei per verificare il buon funzionamento dell'arma. Procedure e passaggi di cui l'intelligence ha evidentemente fiducia di poter verificare e intercettare l'avanzamento. Secondo un rapporto del Congressional Research Service degli Stati Uniti, che cita fonti delle agenzie e del Dipartimento della Difesa, l'Iran non ha per adesso un programma attivo per dotarsi della bomba nucleare. Non sarebbero in corso, dunque, le attività per il suo sviluppo e costruzione. Anche se, secondo fonti citate dal Wall Street Journal ad agosto, Teheran si starebbe mettendo nelle migliori condizioni per mettersi all'opera.

Se lo ritenesse necessario. Da cosa dipende la volontà dell'Iran di accelerare o meno il suo programma atomico? Dalle minacce alla propria esistenza e sicurezza, prima di tutto. E dalla sicurezza dei propri siti nucleari, in secondo luogo. Ecco perché i principali centri di arricchimento e deposito dell'uranio sono stati costruiti sottoterra, come a Natanz, o nel cuore delle montagne (è il caso di Fordow). Se Israele volesse distruggere queste infrastrutture dovrebbe utilizzare bombe in grado di penetrare decine di metri nel terreno prima di esplodere. Quelle utilizzate per l'uccisione di Hassan Nasrallah nel bunker a Beirut potrebbero non essere sufficienti secondo il Financial Times. E l'unico modello a disposizione nell'arsenale americano in grado di farlo, la GBU-57A/B lunga sei metri e pesante 14 tonnellate, non sarebbe in dotazione dell'aviazione israeliana né sarebbe lanciabile dai bombardieri utilizzati da Israele. Per ora l'ultima molla del dilemma della sicurezza mediorientale, la più inquietante, non è ancora scattata.