ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

22/08/2024 | Press release | Distributed by Public on 22/08/2024 14:56

Libia: dallo stallo alla crisi

Uno stallo infinito, che però potrebbe sfociare in un'escalation da un momento all'altro. A 13 anni dalla caduta del colonnello Muammar Gheddafi, che ha governato con un mix di pugno di ferro e cogestione del potere, la Libia non sembra trovare pace e si ritrova oggi divisa e, in sostanza, sempre più negletta dalle grandi agende della politica internazionale. Nelle ultime settimane, l'Esercito nazionale libico (LNA), guidato dal generale Khalifa Haftar, ha avviato una serie di manovre e pattugliamenti nell'ovest della Libia, generando tensioni in Occidente e preoccupazioni nella vicina Algeria, in violazione dell'accordo di cessate il fuoco del 2020. Le forze di Haftar, che dominano la Cirenaica, assicurano che non si tratta di azioni destabilizzanti, ma l'iniziativa va a inserirsi in un momento già connotato da tensioni tra le fazioni, dopo che la Camera dei rappresentanti di Tobruk - organo politico dell'Est - ha nominato un premier ad interim a maggio, in aperta concorrenza con l'esecutivo riconosciuto dall'ONU (GNU) guidato da Abdulhamid Dbeibah. Le autorità di Tripoli hanno invece silurato il governatore della Banca centrale libica, uno dei pochi attori insieme alla National Oil Company (NOC) che in questi anni hanno dialogato apertamente con entrambe le fazioni in lotta per il potere.

Nuova escalation?

A denunciare per prima la situazione di tensione è stata l'inviata ad interim delle Nazioni Unite per la Libia, Stephanie Khoury, in carica da quando il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Abdoulaye Bathily, si è dimesso ad aprile scorso. In un briefing al Consiglio di sicurezza ONU di martedì, infatti, ha evidenziato che negli ultimi due mesi la situazione in Libia si è deteriorata piuttosto rapidamente in termini di stabilità politica, economica e di sicurezza. "Azioni unilaterali degli attori politici, militari e di sicurezza libici hanno aumentato la tensione, radicato ulteriormente le divisioni istituzionali e politiche e complicato gli sforzi per una soluzione negoziata", ha spiegato Khoury. Il 9 agosto, ha puntualizzato la diplomatica, le forze di Haftar si sono mosse unilateralmente verso le zone sudoccidentali della Libia, spingendo i militari occidentali - legati al Governo di Tripoli - ad "affermare la propria prontezza a rispondere a qualsiasi attacco", in un'area strategica sia per i flussi migratori che per gli idrocarburi. Saddam Haftar, che insieme al fratello Belqasem gioca un ruolo sempre più attivo al posto dell'anziano padre Khalifa (80 anni), ha dichiarato che i movimenti militari dell'LNA nell'ovest puntano unicamente a "proteggere i confini e rafforzare la sicurezza nazionale". In effetti, le forze dell'Est in questi giorni sono impegnate anche in operazioni al confine con il Ciad e il Niger, zona di estrazione e contrabbando di oro.

Chi comanda in Libia?

La mappa del potere nella Libia di oggi è estremamente complessa, con attori e interessi politici e militari sempre più intersecati. Semplificando molto, si può dire che il paese è oggi in mano a due coalizioni rivali: da una parte c'è il GNU di Tripoli, riconosciuto a livello internazionale, sostenuto soprattutto da Turchia e Qatar e affiancato dell'Alto Consiglio di stato e dal Consiglio presidenziale (in assenza di un presidente vero e proprio); dall'altra c'è la Camera dei rappresentanti Tobruk e il cosiddetto Governo di stabilità nazionale (GSN), che da maggio ha persino un premier - Osama Hammad - insediato a Bengasi in aperta concorrenza con Dbeibah. Analisti e osservatori internazionali, tuttavia, concordano sul fatto che le istituzioni dell'est non sono altro che l'ombrello politico dietro il quale si cela il vero dominus dell'area: il generale Haftar e il suo LNA, considerato molto vicino alla Russia. Per superare l'impasse politico, l'ex inviato dell'ONU, Bathily, aveva proposto, a inizio 2023, un piano per tenere elezioni legislative e presidenziali entro l'anno. Tuttavia, il piano è naufragato e il diplomatico ha rassegnato le dimissioni quest'anno, lasciando la guida ad interim della missione ONU in Libia alla statunitense Khoury.

La banca della discordia?

La frammentazione politica libica è diventata evidente all'inizio di questa settimana, quando le autorità di Tripoli hanno licenziato unilateralmente il potente governatore della Banca centrale libica (BCL), una mossa brusca che probabilmente infiammerà ulteriormente le tensioni nel paese nordafricano. Il governatore Sadiq al-Kabir, a capo dell'istituto sin dalla caduta di Gheddafi, è stato rimosso per decreto dal Consiglio presidenziale di Tripoli e sostituito da Mohamed Abdul Salam al-Shukri, economista ed ex vicegovernatore. La BCL è una delle poche istituzioni che finora hanno fatto da ponte tra est e ovest, rendendo Al-Kabir un personaggio chiave. Sebbene la banca abbia sede a Tripoli, come pure il governo Dbeibah, entrambe le compagini libiche hanno lavorato con l'ex governatore per mantenere i fondi petroliferi in circolazione e gli stipendi governativi regolarmente pagati. Non è possibile dirlo con certezza, ma dietro la mossa ci sarebbe il deterioramento dei rapporti tra Al-Kabir e Dbeibah. Secondo alcune teorie, Kabir temeva infatti di essere sostituito, e per questo si era "avvicinato" maggiormente alla fazione della Cirenaica. Il dato di fatto, però, è che la lotta politica non ha risparmiato un'istituzione che, gestendo i proventi degli idrocarburi, era riuscita grossomodo ad andare d'accordo con tutti.

Il commento

di Caterina Roggero, ISPI MENA Centre

"La situazione di relativa calma della Libia di questi ultimi quattro anni non deve far pensare al graduale raggiungimento di una definitiva pace per il paese. Nonostante l'assenza di scontri maggiori tra l'Ovest e l'Est del paese dal cessate il fuoco del 2020, né da una parte, né dall'altra, la situazione può essere definita risolta, né tantomeno è vicina l'agognata riunificazione del paese. Le problematiche principali che attanagliano le popolazioni delle due regioni e che si sono acuite in questo quadriennio sono due: l'alto tasso di corruzione e la militarizzazione del territorio. Due fattori che hanno reso la Libia uno "stato mafioso" dominato da élite politiche e militari che seguono solo il proprio tornaconto, senza avere il minimo interesse al raggiungimento di un accordo, come ha sconsolatamente dichiarato, nel suo discorso d'addio, l'Inviato speciale dell'ONU Bathily. Da non sottovalutare, in questo quadro, l'accresciuta presenza degli ormai circa 1800 mercenari russi presenti in Cirenaica in sostegno degli Haftar. Tali due criticità maggiori sono connesse agli ultimi fatti e possono essere alla base di un'escalation verso una guerra civile che nei fatti non si è mai conclusa".

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