ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

03/05/2024 | Press release | Distributed by Public on 03/05/2024 07:00

Africa: un nuovo Eldorado per gli investitori

Da oltre vent'anni il continente africano è oggetto di rinnovato interesse da parte di vari attori internazionali che, attraverso modalità e strumenti diversi, stanno sviluppando relazioni commerciali e investimenti con un numero significativo di Paesi africani.

Gli investimenti diretti in Africa sono storicamente rivolti al settore primario, con particolare riguardo all'estrazione ed esportazione di materie prime minerarie e idrocarburi, nonché alla produzione e commercializzazione di beni agricoli. Inoltre, risentono fortemente delle rilevanti disparità economiche: bisogna sempre tenere presente che il PIL attuale del continente si aggira sui 3 mila miliardi di dollari (pressappoco la ricchezza nazionale prodotta annualmente dalla Francia) e che oltre il 50% della ricchezza africana riguarda Nigeria, Egitto, Sud Africa, Algeria e Marocco. Non meno rilevante, la quasi totalità dei flussi di investimenti diretti proviene dall'esterno del continente africano e solo da qualche anno si registrano significativi flussi interni.

Detto ciò, l'interesse di alcuni tra i principali nuovi attori della scena internazionale ha contribuito a sviluppare le relazioni economiche e commerciali dei Paesi africani e ad orientarle fuori dalle vecchie direttrici di rapporto con Paesi europei e Occidente in generale. Oltre che con la Repubblica Popolare Cinese (RPC),i Paesi africani stanno sviluppando rapporti con un numero crescente di "nuovi" partner, quali India, Giappone e Corea del Sud in area asiatica, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (EAU), Qatar e Kuwait nella regione del Golfo Persico, Israele e Turchia nell'area mediterranea, con un significativo attivismo nella regione dell'Africa orientale, e il Brasile, storico partner del Sud Africa impegnato a sfruttare il canale "lusofono" in Africa sub-sahariana.

Di recente, l'orizzonte degli investimenti in Africa si è allargato anche ad altri settori, sia di tipo manifatturiero che dei servizi. Inoltre, i Paesi africani stanno attirando numerose operazioni relative alle energie rinnovabili e alla green economy.

Un ruolo centrale nello stimolare l'incremento di interesse per i sistemi economici africani è sicuramente giocato da tre fattori principali:

  • i processi di stabilizzazione politico-istituzionale che, sebbene ancora caratterizzati da discontinuità e non sempre guidati da modelli democratici, garantiscono tuttavia una progressiva diminuzione del rischio politico;
  • illento ma costante percorso verso l'integrazione economico-commerciale, spinto dall'entrata in vigore nel 2019 dell'African Continental Free Trade Area (AfCFTA) e dai progressi messi in atto su base regionale dalle varie Regional Economic Communities (REC) operanti all'interno dell'Unione Africana (UA);
  • i crescenti investimenti in infrastrutture di comunicazione e trasporto, che stanno spostando i flussi commerciali da una dinamica quasi totalmente centrifuga a una maggiore interconnessione tra i Paesi africani, soprattutto su base regionale.

IDE verso l'Africa in calo

Paragonato al sistema globale dei flussi di IDE, il continente africano continua a rappresentare un'area marginale e periferica. Nel corso degli ultimi dieci anni, ossia di un periodo in cui il continente africano è stato stabilmente sotto i riflettori degli operatori economici internazionali, la media dei flussi di IDE diretti verso i Paesi africani è stata sempre tra il 3% e il 4% del totale dei flussi globali e, dal 2016 al 2023, non sono stati mai superati i 50 miliardi di dollari in un anno.

Nel periodo 2022-2023 gli IDE indirizzati verso l'Africa sono diminuiti del 44% (2022) e dell' 1% nel 2023, per un totale di 48 miliardi di dollari. Il drastico calo nel 2022 va tuttavia analizzato considerando che nel 2021 si era toccata la cifra record di 83 miliardi di dollari, dovuta in particolare a una singola transazione finanziaria intra-aziendale verificatasi in Sud Africa (lo scambio di azioni tra Naspers e Prosus, società attive nel settore ICT, che aveva generato il 45% del totale degli IDE verso l'Africa per il 2021). Escludendo questa operazione, la variazione dei flussi era stata comunque negativa, segnando un -7%.

Un aspetto significativo registrato negli ultimi anni riguarda invece l'incremento degli investimenti greenfield, in particolare rivolti al Nord Africa e all'Africa orientale, ma anche alla Nigeria. Tuttavia, sono andate riducendosi le operazioni caratterizzate da "project finance", in misura superiore a quanto riscontrato a livello internazionale: un aspetto che va tenuto in considerazione soprattutto pensando ai progetti legati alle infrastrutture, in cui le partnership pubblico-private sono ritenute sempre più rilevanti per la realizzazione degli investimenti necessari al continente, dove permane ancora un gap elevato, di circa 70-100 miliardi di dollari all'anno.

Repubblica Popolare Cinese: la BRI vira sull'Africa

La Cina è ormai da anni il principale Stato partner commerciale del continente africano e uno dei principali investitori: negli ultimi due decenni le aziende cinesi hanno effettuato oltre 150 miliardi di dollari di investimenti.

L'ambito principale in cui la RPC è attiva in Africa è storicamente quello delle commodities energetiche e minerarie, anche se la relazione con i Paesi africani è andata evolvendosi, con la consapevolezza da parte dei governi africani di potersi muovere in maniera più agevole e svincolata nel mutante panorama geoeconomico internazionale. VIl caso della Repubblica Democratica del Congo (RDC) è emblematico. L'attuale amministrazione di Felix Tshisekedi ha intrapreso un serrato processo negoziale con le autorità cinesi al fine di riprendere il controllo di alcuni dei suoi asset minerari più rilevanti (si pensi alla cessione ad aziende cinesi da parte del precedente governo congolese di Joseph Kabila del 68% delle quote della società Gecamines, attiva nell'estrazione ed esportazione di rame e cobalto). Inoltre, il governo di Kinshasa ha cercato di incrementare gli impegni cinesi, arrivando a richiedere addirittura 20 miliardi di dollari di investimenti e riuscendo, almeno allo stato attuale, a più che raddoppiare la quota inizialmente promessa da Pechino: nel gennaio 2024 aziende cinesi hanno infatti annunciato l'intenzione di investire circa 7 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali nella RDC.

Un ruolo centrale nel corso degli ultimi anni è stato giocato dalla Belt and Road Initiative (BRI). In questo ambito, i Paesi africani sono quelli che hanno attirato i maggiori investimenti nel corso del 2023, diventando la prima area, con un totale di 21,7 miliardi di dollari, e superando l'area mediorientale, che nello stesso anno aveva raccolto 15,8 miliardi di dollari. Il Paese africano che ha visto la quota più elevata di investimenti è stata la Tanzania, con poco più di 3 miliardi di dollari. Un ambito di crescente rilevanza degli investimenti cinesi nel contesto della BRI riguarda il settore dell'energia, in particolare delle rinnovabili: nel 2023 in Africa si sono visti rilevanti investimenti in ambito solare ed eolico, con Zimbabwe e Algeria che da soli hanno raccolto circa 1 miliardo di dollari a testa, seguiti dall'Egitto (circa 600 milioni) e dal Lesotho (oltre 300 milioni).

USA: investimenti per contenere Pechino

Uno dei dati più rilevanti nei rapporti tra Stati Uniti e continente africano è il costante declino delle relazioni economico-commerciali in atto da circa un decennio. Sotto il profilo degli IDE, mentre dall'inizio del XXI secolo al 2014 si era assistito a una costante crescita degli investimenti USA verso i Paesi africani, nel corso degli ultimi anni si è avuta una progressiva decrescita dei flussi, che ha portato uno stock di investimenti che da qualche anno gravita in totale attorno ai 45 miliardi di dollari.

A metà dicembre 2022, l'amministrazione guidata da Joe Biden aveva organizzato lo US-Africa Leadership Summit, con la partecipazione di 49 Paesi africani e dell'Unione Africana. L'evento faceva seguito a quello organizzato da Barack Obama nel 2014, manifestando la volontà statunitense di ampliare e rafforzare la partnership politica, economica e sociale con il continente, in risposta non solo alla radicata presenza cinese ma anche alla progressiva penetrazione russa. L'amministrazione Biden-Harris si è così impegnata ad investire 55 miliardi di dollari in Africa per il triennio 2023-25.

Stando ai dati forniti dalla Casa Bianca, nel 2023 sono stati chiusi oltre 500 accordi di natura commerciale e relativi ad investimenti diretti per un totale di 14,2 miliardi di dollari, con un incremento di quasi il 60% rispetto al 2022. Membri del governo USA, in particolare Kamala Harris nel 2023 e Antony Blinken all'inizio del 2024, hanno effettuato visite in circa la metà dei Paesi africani.

Tuttavia, l'impatto in termini commerciali delle rinnovate iniziative non è stato ancora rilevato, dato che l'export statunitense verso il continente africano è calato del 6,5% tra il 2023 e il 2022, così come l'import (-7%). Si tratta della conferma di una tendenza costante, in atto dal 2013.

Indubbiamente, molto dipenderà dall'esito delle elezioni di novembre, ma è presumibile che gli USA continueranno a rivolgersi al continente africano principalmente per contenere le azioni di Pechino e Mosca e per portare avanti progetti legati alla sicurezza marittima (vedi Corno d'Africa) e di contrasto alla minaccia terroristica, veri fil-rouge dell'interesse statunitense, al di là delle dichiarazioni e dei programmi.

UE: Global Gateway e piani nazionali

I Paesi europei continuano a essere i principali investitori in Africa: Francia, Gran Bretagna e Paesi Bassi in prima fila. Fino all'epoca pre-Covid, gli IDE europei caratterizzavano tra il 40 e il 50% degli investimenti totali nel continente. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni si è assistito a un rallentamento degli stessi e ad una parallela diminuzione del peso specifico europeo rispetto ad altri attori internazionali. Per l'UE il continente africano rappresenta un costante dilemma: incrementare e strutturare una partnership sistemica e strategica o continuare il modello fin qui adottato, fatto di accordi e frameworks istituzionali spesso non attuati o superati dagli approcci nazionali dei vari Stati membri.

Le recenti evoluzioni geopolitiche e geoeconomiche internazionali hanno imposto alle autorità europee un significativo cambio di passo per non rischiare di doversi confrontare con scenari futuri caratterizzati da stagnazione economica, difficoltà di gestione delle filiere di approvvigionamento ed eccessiva dipendenza dalla Cina.

Il Global Gateway della Commissione europea guarda all'Africa con rinnovato interesse ma anche, almeno da quanto riscontrato nel corso dell'ultimo periodo, con iniziative concrete: a margine del Summit Italia-Africa di fine gennaio, Ursula von der Leyen ha siglato con il presidente dell'African Development Bankun nuovo "Financial Framework Partnership Agreement", con l'obiettivo di stimolare gli investimenti infrastrutturali in Africa. In generale, tra il 2021 e il 2027 l'UE dovrebbe sostenere lo sviluppo dei Paesi africani con 150 miliardi di euro di investimenti.

I Paesi del Golfo: gli EAU protagonisti

La crescita economica e finanziaria dei Paesi della regione del Golfo e il ruolo dei loro fondi sovrani si sono manifestati anche nel continente africano. In particolare, solo guardando agli ultimi due anni, numerosi progetti greenfield sono stati realizzati con capitali emiratini, sauditi e di altri Paesi dell'area, con particolare riguardo al settore delle rinnovabili e dell'idrogeno verde ma anche in infrastrutturale portuali, logistiche e strutture ICT,per circa 110 miliardi di dollari. In particolare, gli EAU stanno emergendo come attore significativo, che già da una decina di anni ha iniziato a puntare sull'area nordafricana e dell'Africa orientale per diversificare i propri investimenti, cogliere il potenziale produttivo in ambito di energie rinnovabili, posizionarsi nello strategico mercato minerario continentale e rafforzare la partnership politica ed economica in queste aree.

Scenario futuro: competizione crescente

L'outlook degli investimenti in Africa appare incoraggiante: crescita demografica, sviluppo dei processi di urbanizzazione, aumento del potere d'acquisto, diversificazione produttiva e, come evidenziato, crescita delle infrastrutture, sono tutti aspetti che concorrono a stimolare gli IDE e a far ritenere che da qui ai prossimi anni il contesto africano sarà sempre più rilevante per numerosi attori economici.

Se è vero che Pechino ha da tempo intrapreso una politica di ripensamento del suo impegno finanziario in Africa, e che gli USA sembrano non aver ancora focalizzato la propria attenzione economica sul continente in maniera strategica, altri Paesi, in particolare dell'area del Golfo, stanno puntando sul continente africano, facendo prevedere una crescente competizione, soprattutto nelle regioni nordafricana e orientale, nonché in quella occidentale, dominata dal peso della Nigeria.

Un dato particolarmente interessante riguarda l'incremento dei progetti greenfield: nel corso degli ultimi due anni, la maggior parte degli IDE di questo tipo a livello globale ha riguardato il continente africano, in settori quali energia (gas naturale ma anche rinnovabili), Real estate e infrastrutture, logistica e industrie estrattive.

L'UE, e l'Italia in particolare, devono affrontare una sfida difficile quanto decisiva: rafforzare la propria presenza nel continente, ridefinendo il modello dei rapporti fin qui sviluppato e creando la capacità di attrarre i governi africani in un sistema strutturato di relazioni, dove gli investimenti giocheranno un ruolo prioritario per entrambe le regioni.