ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

07/03/2024 | Press release | Distributed by Public on 07/04/2024 01:30

Regno Unito: il grande reset

Dopo 14 anni al potere il partito conservatore britannico è sul punto di perderlo: alla vigilia del voto, previsto il 4 luglio, i sondaggi prevedono per il primo ministro Rishi Sunak e il suo partito una sconfitta di dimensioni epocali. I Tories sono in svantaggio di 20 punti rispetto al partito laburista di opposizione e quel che è peggio risultano terzi, dietro Reform Uk, il nuovo partito populista e ultranazionalista di Nigel Farage che erode i loro voti dal destra. Le previsioni per i conservatori - chiamati a rispondere del loro operato in un clima di crisi profonda che attraversa il paese - sono talmente scoraggianti che nelle ultime settimane la campagna del premier Sunak si è ridotta a pregare gli elettori di non consegnare ai laburisti "un assegno in bianco". Sul partito di Keir Starmer, che si avvia a vincere le elezioni, pesano grandi aspettative e compiti difficili: tra gli altri quello di ripristinare la stabilità economica e migliorare i servizi pubblici mentre i cittadini britannici lottano con la disoccupazione in aumento, una crescente disuguaglianza - a cui si contrappone un calo della produttività - pensioni e salari bloccati e una forte diminuzione del potere d'acquisto. 

Fine di un ciclo?

La sconfitta annunciata dei conservatori segna la fine di un tumultuoso ciclo di potere durato 14 anni e inaugurato dalla vittoria elettorale, nel 2010, dell'allora leader David Cameron. Da allora, il Regno Unito ha avuto cinque primi ministri, attraversato shock finanziari e scandali vari, lottato per contrastare la pandemia ed è ancora in affanno per contrastare gli effetti sociali devastanti della Brexit. Dal referendum, candidamente convocato da Cameron proprio per tentare di bloccare l'avanzata degli euroscettici anche in seno ai Tories, il processo per finalizzare l'uscita del Regno dall'Unione Europea ha aperto la strada ad una moltitudine di faide intestine che hanno rovinato governi e sfinito il pubblico britannico. Negli ultimi due anni, il premier Sunak è riuscito a mantenere la promessa di far calare l'inflazione, ma non quella di ridurre le liste d'attesa del servizio sanitario pubblico, un tempo fiore all'occhiello del Regno e che oggi patisce le conseguenze dell'austerity e della riduzione delle risorse che ha portato a un drastico ridimensionamento di servizi e cure. Nonostante sia riuscito, dopo molte battaglie, a far approvare il controverso e contestatissimo 'Piano Ruanda' per la deportazione dei migranti, il premier non può intestarsi neanche questo successo: i costi sbalorditivi del progetto si sono trasformati in un assist per i Laburisti mentre l'elettorato sembra preso da altre preoccupazioni.

Strategia della noia?

Se i Laburisti stanno per riconquistare il potere dopo una lunga traversata del deserto, molto del merito va a sir Keir Starmer, 61enne ex procuratore della corona e avvocato per i diritti umani che ha rimodellato il partito riportandolo al centro e allontanandolo dalle politiche di estrema sinistra e dall'antisemitismo strisciante del suo predecessore, Jeremy Corbyn. Sebbene sia ampiamente descritto come un leader noioso e privo di carisma, Starmer ha ricompattato il partito su temi meno divisivi e di maggior consenso. La sua prevedibilità, secondo il commentatore politico di Bbc Chris Mason fa parte di una strategia, volta a rassicurare i cittadini, dopo anni di turbolenze politiche: "I critici del Labour ripetono che il suo partito è perfino noioso. Ma Starmer sa che le persone sono stufe dei fuochi d'artificio. Vuole rendere le cose noiose di nuovo interessanti, o almeno allettanti rispetto alla loro alternativa". Lo stesso Starmer, parlando con i giornalisti, ha usato una metafora simile: "Sono candidato a fare il primo ministro - ha detto - non a dirigere un circo". In molti, sondaggi alla mano, devono aver pensato che dopo Boris Johnson fosse già un grande passo avanti.

Un nuovo inizio con l'Ue?

Mentre i conservatori si apprestano a lasciare il numero 10 di Downing Street, Starmer ha una squadra di governo già pronta ad insediarsi. Secondo l'iter tradizionalmente spedito del sistema britannico, il passaggio di consegne potrebbe avvenire già venerdì 5 - una volta certificati gli esiti del voto - mentre i dicasteri principali potrebbero essere formalizzati già sabato 6. Nella veste di premier, Starmer ha promesso una gestione affidabile della spesa pubblica e la ripresa della crescita economica escludendo al contempo un aumento delle tasse. Per questo la sua ricetta economica è stata definita 'vaga' e 'approssimativa' dai critici secondo cui l'opposizione non ha fatto finora alcuna proposta concreta per aumentare le entrate pubbliche e ripianare un debito pubblico mai così alto da dopoguerra. Il programma dei Laburisti prevede inoltre un miglioramento dei servizi pubblici, e in particolare del servizio sanitario, l'assunzione di 6500 nuovi insegnanti e l'apertura 3mila nidi di infanzia. Sul fronte dell'immigrazione, Starmer ha promesso che se sarà eletto abolirà la legge per la deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda, impegnandosi a contrastare le "gang criminali" che favoriscono l'ingresso dei migranti irregolari nel Regno Unito attraverso la Manica. In qualità di nuovo premier Starmer intende cambiare anche rotta in politica estera. Tra i primi appuntamenti presiederà il forum della Comunità politica europea a Blenheim Palace nell'Oxfordshire. Secondo gli osservatori coglierà l'opportunità per modificare l'approccio del Regno Unito nelle relazioni con l'Ue. "Ci sarà un reset per il Regno Unito sulla scena internazionale. Prenderemo sul serio i nostri obblighi, vogliamo svolgere un ruolo più da protagonista sulla scena globale" ha confermato lo stesso leader laburista al Financial Times, "e dire al mondo che siamo tornati".

Il commento

Di Marco Varvello, corrispondente Rai dal Regno Unito (Leggi l'approfondimento)

"Per timore di cambiare equilibri per lui sempre più favorevoli, Keir Starmer non prende posizioni nette, evita i temi spinosi come la Brexit e l'immigrazione, per non inimicarsi fette di elettorato. Con il risultato che nessuno capisce bene quali saranno le politiche di un suo governo dopo il 4 luglio, dalle tasse ai servizi pubblici da sanare, dai rapporti con l'Europa o con le amministrazioni locali del Regno.

La sua vaghezza non appassiona, non evoca valori forti, ma i giochi sembrano comunque già fatti da tempo. Tra alta inflazione, bassa crescita e Brexit, i Britannici sanno bene che oggi stanno peggio di 14 anni fa, quando con il primo Cameron cominciò il ciclo dei Conservatori al governo, un ciclo che sembra ora decisamente finito".

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