ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

09/20/2024 | Press release | Distributed by Public on 09/20/2024 03:57

Taiwan: i primi 100 giorni agitati di Lai

I primi cento giorni non sono stati una passeggiata per il nuovo presidente taiwanese Lai Ching-te (che ha preso funzione il 20 maggio 2024).

La leadership della Repubblica popolare cinese, che lo considera un pericoloso separatista, ha accentuato la pressione militare su Taiwan: si è così registrato un forte aumento degli sconfinamenti giornalieri delle forze aeree cinesi oltre la linea mediana che separa Taiwan dalla Cina (a fine agosto tali sconfinamenti avevano già superato il picco raggiunto nel 2022). In parallelo, si è assistito a un'intensificazione delle manovre coordinate della marina e dell'aviazione cinesi in prossimità dell'isola.

Oltre a rifiutare contatti diretti con la nuova amministrazione taiwanese, Pechino ha indurito i toni e varato misure di coercizione economica (per esempio, l'eliminazione di tariffe preferenziali su 134 prodotti taiwanesi) e politica (tra cui l'approvazione di una legge comminante pene severe, che possono andare fino alla pena di morte, per coloro che considera i leader del "separatismo taiwanese"). Lai ha rifiutato di piegarsi alle pressioni cinesi e nel discorso inaugurale della sua presidenza, come in interventi ulteriori, ha riaffermato e talora accentuato i caratteri distintivi dell'identità taiwanese e del suo regime democratico, rigettando così implicitamente la possibilità di un ricongiungimento di Taiwan con la Cina.

Le preoccupazioni di Taiwan

Questi sviluppi hanno aumentato il timore a Taiwan (e non solo a Taiwan) di un conflitto imminente con la Cina, un rischio indirettamente ammesso da Lai, quando nel suo discorso alle forze armate a giugno ha affermato che "la sfida più grande è quella di far fronte all'ascesa della Cina, che sta distruggendo lo status quo nello Stretto di Taiwan e vede l'annessione di Taiwan e l'eliminazione della Repubblica di Cina come una causa nazionale".

Per far fronte alla crescente minaccia militare cinese, il bilancio delle spese per la difesa (attualmente attorno al 2,5% del PIL) continua ad aumentare (+7,7% secondo la proposta del nuovo governo taiwanese), così come l'acquisto di armamenti dagli Stati Uniti (i quali, a causa del conflitto ucraino, hanno però difficoltà a effettuare la consegna di parte delle armi acquistate). Le esercitazioni militari delle forze armate taiwanesi sono state aggiornate e rese più realistiche al fine di aumentare il grado di preparazione nel respingere un'eventuale invasione. Anche le esercitazioni civili, per preparare la popolazione taiwanese a un'invasione, sono state intensificate.

L'incognita delle elezioni USA

In un'intervista a Bloomberg nel luglio scorso Donald Trumpha chiesto a Taiwan di pagare di più gli Stati Uniti per la difesa dell'isola. Questa affermazione del candidato repubblicano, unitamente all'indicazione che comunque gli USA non possono fare granché data la loro distanza geografica da Taiwan e all'accusa che Taiwan ha rubato l'industria dei semiconduttori al Paese nordamericano ("they [Taiwan] did take about 100% of our chip business"), ha aumentato il timore che, nel caso di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, Taiwan verrebbe utilizzata come un bargaining chip nei negoziati con la Cina.

Di conseguenza, l'impegno degli Stati Uniti a difendere Taiwan potrebbe rivelarsi molto meno solido di quanto anticipato e sperato dall'Amministrazione Lai. L'intervista di Trump costringe anche quest'ultima a ripensare i termini con cui presentare il confronto tra Taiwan e la Cina. Durante la campagna elettorale Lai aveva inquadrato la questione taiwanese nella competizione più generale tra democrazie e autocrazie. Nel caso dell'arrivo di Trump alla Casa Bianca il contrasto democrazia/autocrazia perderebbe molta della sua attrattività ed efficacia nei confronti di un'Amministrazione statunitense focalizzata sull'America First. Lai si troverebbe allora costretto a sviluppare una nuova narrativa volta a convincere un presidente americano scettico e transattivo che la difesa di Taiwan non solo è compatibile col principio di America First, ma è anche vantaggiosa dal lato economico. E per ottenere un tale risultato dovrà anche fare significative concessioni economiche nei confronti di Washington.

Naturalmente, tali messe a punto non sarebbero necessarie nel caso di una vittoria di Kamala Harris a novembre, poiché ci si attende che l'approccio strategico della candidata democratica nei confronti di Cina e Taiwan si porrebbe in continuità con quello di Joe Biden, anche se il tema è rimasto fin qui quasi assente dalla sua campagna elettorale. Nell'insieme l'esito delle elezioni americane rappresenta un fattore d'incertezza importante che pesa sul futuro di Taiwan e l'intervista di Trump a Bloomberg l'ha accresciuto ulteriormente.

Ma i problemi di Lai durante i suoi primi cento giorni non sono stati limitati alla sola politica internazionale.

Gli ostacoli di Lai senza maggioranza parlamentare

Nelle elezioni legislative dello scorso gennaio il Partito democratico progressista (DPP) - il partito di Lai - ha perso la maggioranza assoluta in parlamento e deve confrontarsi con due partiti d'opposizione (il Kuomintang - KMT - e il Partito del popolo taiwanese - TPP) che hanno fatto causa comune e approvato in Parlamento una serie di misure volte a indebolire significativamente i poteri dell'esecutivo.

Anche se le misure sono state per il momento congelate in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, è chiaro che l'Amministrazione Lai avrà non poche difficoltà a fare avanzare la propria agenda programmatica, anche perché il KMT e il TPP non sembrano disposti a fare molte concessioni. Questo limita notevolmente i margini di manovra di Lai e del suo primo ministro Cho-Jung-tai, ivi compreso nel campo della politica economica.

L'economia oltre l'incertezza

In presenza della forte crescita delle tensioni geopolitiche nello Stretto di Taiwan, degli accresciuti dubbi sul sostegno statunitense nel caso dell'elezione di Donald Trump e delle difficoltà politiche dovute alla posizione minoritaria del DPP in Parlamento, l'economia dell'isola ha dovuto far fronte a un notevole aumento di incertezza. Tale incertezza avrebbe dovuto giocare negativamente sulla performance dell'economia taiwanese. Sicuramente un impatto negativo c'è stato (ed è possibile che aumenterà più ci si avvicina alle elezioni presidenziali statunitensi di novembre), ma fin qui sembra essere stato piuttosto limitato.

Dopo una performance mediocre - per gli standard taiwanesi - nel 2023 (+1,3%), la crescita del PIL quest'anno dovrebbe risalire significativamente. La crescita annualizzata del PIL nei primi due trimestri del 2024 è stata particolarmente forte (+6,56% nel primo trimestre e +5,09% nel secondo) trainata dal boom globale dell'intelligenzaartificiale, dall'aumento della domanda di macchine utensili e dalla ripresa dei consumi.

Anche se nella seconda metà dell'anno ci si attende un rallentamento per fattori tecnici, per il gridlock in Parlamento (che dovrebbe ridurre la spesa pubblica) e per l'aumento dell'incertezza, il tasso di crescita del PIL nel 2024 dovrebbe comunque situarsi attorno al 4% (e restare sopra il 3% nel 2025). Inoltre, la forte ripresa non dovrebbe generare pressioni inflazionistiche: il tasso d'inflazione, che nel 2022 e nel 2023 era di circa il 3%, dovrebbe scendere al di sotto del 2% quest'anno. Di conseguenza, sembra molto probabile che la Banca centrale manterrà il tasso d'interesse stabile al 2% e si interverrà soprattutto con misure amministrative per ridurre la pressione al rialzo dei prezzi delle case (+9,3% nel primo trimestre del 2024 rispetto al primo trimestre del 2023).

Il nuovo governo taiwanese guidato dal primo ministro Cho Jung-tai non intende però adagiarsi sui recenti ottimi risultati economici. Al fine di approfittare della diminuita attrattività economica della Cina, Cho Jung-tai ha annunciato a luglio un ambizioso programma di riforme economiche e sociali che si propone di generare nuovi investimenti, internazionali e interni, per 100 miliardi di dollari in settori quali l'energia, le infrastrutture e l'intelligenza artificiale. Tuttavia, resta de vedere se l'opposizione consentirà a questo piano di vedere la luce, in tutto o in parte.

La questione energetica e del de-risking

Gli investimenti in energia sono particolarmente urgenti per Taiwan, che chiuderà l'ultima centrale nucleare l'anno prossimo e che sta già fronteggiando un'importante carenza in energia che si traduce in ricorrenti blackouts. Inoltre, con il rapido sviluppo dell'intelligenza artificiale (la cui domanda di energia secondo il ministero dell'Economia dovrebbe aumentare di otto volte tra il 2023 e il 2028) e l'espansione della capacità produttiva di TSMC e di altri produttori di semiconduttori, i fabbisogni energetici di Taiwan sono destinati ad aumentare in tempi brevi e la produzione energetica fatica a tenere il passo.

Oltre a cercare di attirare nuovi investimenti, il nuovo governo taiwanese si propone di sviluppare una diplomazia economica volta a promuovere la sicurezza economica dell'isola, che per Taiwan significa ridurre significativamente la dipendenza commerciale nei confronti della Cina. Il boom dell'IA negli Stati Uniti e il rallentamento dell'economia cinese stanno portando l'import-export taiwanese in questa direzione. Per esempio, quest'anno le esportazioni taiwanesi verso il mercato americano hanno superato per la prima volta in molti anni le esportazioni verso la Cina.

Tuttavia, il governo taiwanese non si accontenta di assecondare le tendenze di mercato e sta cercando di promuovere attivamente accordi commerciali e di investimento con Paesi amici, in primis nel Sud-est asiatico (a luglio è stato firmato un accordo sugli investimenti con la Tailandia) e a costruire, in modo simile a quanto fatto dal Giappone, delle zone industriali all'estero al fine di favorire l'espansione e l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese taiwanesi.

Oltre i primi cento giorni

Nell'insieme, nonostante le tensioni con la Cina e l'assenza di una maggioranza in Parlamento, la presidenza Lai ha avuto un buon inizio. Questo è confermato da un sondaggio effettuato a 100 giorni dalla sua elezione, che pone la sua popolarità al 47% (sette punti in più rispetto al 40% dei voti con cui fu eletto). Il buon andamento dell'economia ha certamente aiutato.

Tuttavia, si sa, i primi cento giorni rappresentano in genere la luna di miele tra il presidente eletto e l'elettorato: il difficile viene dopo. E le sfide che Lai ha di fronte nei prossimi mesi e anni sono particolarmente ardue e complesse: esse vanno dal mantenimento della pace e dello status quo nello Stretto di Taiwan a livello internazionale al rafforzamento della resilienza economica e sociale dell'isola e all'irrobustimento della sua sicurezza economica a livello interno. È su queste sfide e le risposte che a esse verranno fornite che la presidenza Lai verrà valutata nel più lungo periodo.