ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

11/27/2023 | Press release | Distributed by Public on 11/27/2023 16:03

Netanyahu e la ‘sfida’ della tregua

La mattinata di oggi ha segnato l'inizio delle ultime 24 ore di tregua tra Israele e Hamas. La cessazione delle ostilità, annunciata la scorsa settimana, ha consentito vari scambi tra ostaggi israeliani rapiti da Hamas e prigionieri palestinesi - molti dei quali minorenni - detenuti nelle carceri dello Israele. Al netto di piccoli intoppi, l'accordo sembra aver retto. Ciononostante, la domanda principale di queste ore riguarda la tenuta e la durata di un possibile prolungamento della tregua, che potrebbe estendersi di un giorno per ogni ulteriore rilascio di 10 ostaggi da parte di Hamas. Questo, perlomeno, è quanto previsto dall'intesa pattuita nei giorni scorsi grazie alla mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti. La posta in palio riguarda la ripresa delle ostilità nella Striscia di Gaza, dove il ministero della Sanità locale denuncia un bilancio ormai superiore alle 15mila vittime, ma anche il 'fronte interno' di Israele. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, infatti, è oggetto in queste ore di enormi pressioni politiche, stretto tra le famiglie degli ostaggi ancora prigionieri a Gaza e le frange più oltranziste del suo governo, che spingono per la ripresa immediata della guerra contro Hamas.

Ultimo scambio di prigionieri?

Quello in atto è un complicato gioco di equilibrismo negoziale tra Hamas e le autorità israeliane. In mattinata, infatti, la televisione di Stato israeliana Kan ha riferito che le Forze di difesa israeliane (IDF) riprenderanno immediatamente le operazioni nella Striscia di Gaza "a meno che Hamas non annunci entro oggi l'intenzione di rilasciare un quinto gruppo di ostaggi", condizione necessaria per prolungare di almeno un giorno la tregua. A sua volta, secondo una clausola dell'accordo, Israele dovrebbe rilasciare almeno 30 prigionieri palestinesi. Hamas, per parte sua, ha dichiarato in un comunicato che intende "prolungare la tregua oltre questi quattro giorni" con l'obiettivo di "aumentare il numero dei prigionieri rilasciati". Una fonte vicina al movimento islamico palestinese ha detto all'agenzia France Presse che l'organizzazione ha "informato i mediatori" - Qatar in testa - di questa intenzione. Da venerdì sono stati rilasciati 39 ostaggi in cambio di 117 prigionieri. Tra gli ostaggi restituiti, anche una bambina israelo-americana di quattro anni, Abigail, rimasta orfana nell'attacco del 7 ottobre. Altri 24 ostaggi, per lo più thailandesi che lavoravano in Israele, sono stati invece liberati al di fuori dell'accordo.

Netanyahu sotto pressione?

Insieme alla gestione dell'ultimo scambio di prigionieri previsto alla tregua, il governo israeliano deve far fronte anche a enormi pressioni da parte delle famiglie degli ostaggi, così come degli alleati internazionali, affinché estenda la tregua per garantire ulteriori rilasci. Il primo ministro Benjamin Netanyahu domenica si è recato in visita a Gaza: è stata la prima volta per un premier israeliano nell'enclave costiera palestinese dal 2005, in una dimostrazione di vicinanza da parte del leader israeliano spesso soprannominato "security man", almeno fino all'attacco di Hamas del 7 ottobre. La guerra si è rivelata un vero e proprio cataclisma politico per Netanyahu, considerato dalla maggioranza degli israeliani responsabile per quanto accaduto. Gli ultimi sondaggi, diffusi dal Times of Israel, fotografano un Likud in caduta libera, con soli 18 seggi alla Knesset rispetto ai 32 ottenuti nella tornata elettorale dello scorso anno. Fuga in avanti, invece, per il partito National Unity dell'ex ministro capo di stato maggiore della Difesa, Benny Gantz: 43 seggi rispetto ai 12 attualmente controllati nel Parlamento di Gerusalemme. Degno di nota anche il crollo registrato per il partito radicale Religious Zionism, che esprime il discusso ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich. Il movimento, che nel 2022 ha ottenuto ben 14 seggi in una lista congiunta con Otzma Yehudit, non riuscirebbe a superare la soglia di sbarramento del 3,25%. Smotrich, insieme al ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, è stato tra i più convinti critici della tregua con Hamas.

Compromesso difficile?

Vale la pena sottolineare che il sondaggio è stato realizzato prima dell'entrata in vigore della tregua, ma è difficile pensare che la cessazione delle ostilità possa aver invertito la rotta di quella che - per Netanyahu - sembra una perdita di consenso ormai costante e forse irreversibile. Durante la sua visita nella Striscia di Gaza, Netanyahu ha riferito di aver parlato con il presidente americano Joe Biden, che si è espresso a favore di un'estensione della tregua. Netanyahu, tuttavia, ha precisato di aver anche detto al presidente degli Stati Uniti che, alla fine della tregua, "torneremo con tutte le nostre forze per raggiungere i nostri obiettivi", ossia eliminare Hamas e garantire il rilascio degli ostaggi rimanenti. Biden, per parte sua, ha dichiarato che il prolungamento della pausa umanitaria "è il nostro obiettivo". Washington, ha spiegato l'inquilino della Casa Bianca, punta a favorire non solo nuovi scambi di prigionieri, ma anche il prosieguo degli aiuti umanitari ai civili di Gaza. L'esito delle prossime ore resta del tutto incerto e le intenzioni del governo Netanyahu, che vede in gioco non solo la guerra ma anche il suo futuro personale, sembrano tutt'altro che attendiste. Il ministro delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha annunciato infatti che l'accesso a Starlink - la rete satellitare di connessione a Internet di Elon Musk - sarà accessibile a Gaza solo se Israele lo consentirà . L'iniziativa è frutto di un accordo tra il magnate statunitense, che ha visitato Israele nel fine settimana, e lo Stato ebraico. Vale la pena ricordare che l'offensiva di terra israeliana nella Striscia, lanciata il 27 ottobre scorso in risposta all'attacco di 20 giorni prima, è iniziata proprio in un "blackout informativo", a causa della interruzione dei servizi internet e di telefonia.

Il commento

di Chiara Lovotti, ISPI Mena Centre

"Nonostante il rispetto della tregua rappresenti un segnale positivo, le condizioni per un cessate il fuoco duraturo sono lontane. La pausa non ha ammorbidito le posizioni israeliane nei confronti di Hamas e viceversa, né ha cambiato gli obiettivi di fondo da ambo le parti. Anche nell'eventualità di un'estensione della tregua (caldeggiata da Hamas, che ha evidentemente bisogno di tempo per riorganizzarsi e ricevere rifornimenti), è ragionevole pensare che questa sarebbe breve. Priorità di Netanyahu è quella di distruggere Hamas: riportare a casa gli ostaggi rischia di rimanere un obiettivo di second'ordine, nonostante sondaggi e mobilitazioni varie dimostrino che la popolazione israeliana la pensa diversamente. "Eventuali future negoziazioni si terranno sotto attacco", ha detto il ministro della Difesa di Israele. E questo, oggi, sembra lo scenario più probabile".

A cura della redazione di  ISPI Online Publications

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