ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

10/10/2024 | Press release | Distributed by Public on 10/10/2024 10:47

Speciale guerra in Medio Oriente: armi e diplomazia

Non solo missili, eserciti sul campo e strumenti militari, ma anche colloqui e triangolazioni diplomatiche. Sono ore di tensione e di attesa in Medio Oriente, dove si aspetta ancora la risposta israeliana all'attacco missilistico iraniano del primo ottobre. Nel frattempo, però, non cessano le ostilità sui vari fronti e l'incursione israeliana in Libano - come alcuni osservatori temevano sin dall'inizio -- finisce per coinvolgere le basi italiane e i peacekeeper della missione di interposizione ONU. Il mandato di UNIFIL, di cui fanno parte 1200 soldati italiani, è di monitorare la cessazione delle ostilità tra Israele e Libano. Anche in campo diplomatico si registrano movimenti rilevanti, a partire dalla telefonata di ieri tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente americano Joe Biden, fino alla visitain Arabia Saudita e Qatar del ministro degli Esteri iraniano, che la scorsa settimana era atterrato per una missione non annunciata anche in Libano. La guerra in corso ha innescato grandi cambiamenti e riconfigurazioni nella politica mediorientale e gli Stati del Golfo, compresi quelli che a partire dal 2020 hanno normalizzato le relazioni diplomatiche con Israele tramite gli Accordi di Abramo, non sono spettatori passivi di questo cambiamento.

UNIFIL nel mirino?

Mentre si attende la nuova fase dello scontro diretto tra Iran e Israele, sul campo le ostilità proseguono. Le Forze di difesa israeliane (IDF) continuano l'incursione via terra nel sud del Libano avviata il primo ottobre, che al momento sembra mantenersi piuttosto limitata. Tuttavia, questa mattina due peacekeeper della missione di interposizione UNIFIL, guidata dalle Nazioni Unite nel Libano meridionale, sono rimasti feriti dopo che un carro armato israeliano "ha sparato verso una torretta di osservazione presso il quartier generale a Naqoura, colpendola direttamente e facendoli cadere". Secondo una nota stampa diffusa da UNIFIL, i feriti sono ricoverati in ospedale in condizioni non gravi. I due, secondo indiscrezioni di stampa, sarebbero soldati indonesiani. "I militari dell'IDF - spiega ancora UNIFIL- - hanno anche aperto il fuoco contro due basi italiane. In particolare "sulla posizione ONU (UNP) 1-31 a Labbouneh, colpendo l'ingresso del bunker dove si erano rifugiati alcuni peacekeeper". In un altro episodio, verificatosi ieri, le truppe israeliane hanno anche "sparato deliberatamente e disattivato le telecamere di monitoraggio perimetrale" sulla posizione UNP 1-32A a Ras Naqoura. Si tratta dunque di tre eventi distinti, che l'UNIFIL termina di ricostruire ricordando che "qualsiasi attacco deliberato alle forze di peacekeeping costituisce una grave violazione del diritto internazionale umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza".

Attacco imminente?

Intanto nella serata di mercoledì, per la prima volta dopo quasi 50 giorni, il capo del governo israeliano Netanyahu ha sentito telefonicamente il presidente statunitense Biden. Al centro del colloquio, la guerra a Gaza e in Libano, ma anche la necessità di coordinare la risposta all'Iran in modo da non innescare un'ulteriore escalation. In precedenza, il premier israeliano aveva impedito al suo ministro della Difesa, Yoav Gallant, di volare negli USA per incontrare i massimi funzionari dell'amministrazione, finché non avesse parlato lui stesso con il presidente americano. La Casa Bianca ha definito la chiamata come "diretta e produttiva", mentre l'ufficio del primo ministro israeliano ha affermato che è stata condotta con "spirito positivo". La vicepresidente e candidata democratica alla presidenza, Kamala Harris, ha ascoltato la chiamata. Sui contenuti della conversazione i dettagli sono scarni, mentre sulla durata del colloquio le versioni discordano: 30 minuti secondo Washington, 50 secondo Tel Aviv. Sul Libano, Biden "ha affermato il diritto di Israele a proteggere i propri cittadini da Hezbollah, sottolineando al contempo la necessità di ridurre al minimo i danni ai civili, in particolare nelle aree densamente popolate di Beirut". Nel frattempo, il ministro Gallant ha assicurato che l'attacco di Israele all'Iran sarà "letale, preciso e particolarmente sorprendente". Poco fa in una conferenza stampa, il ministro della difesa italiano Guido Crosetto ha condannato duramente l'attacco a UNIFIL come inammissibile: "Italia e Nazioni Unite non possono prendere ordini da Israele", ha spiegato, avvertendo che gli atti ostili contro le basi ONU potrebbero "costituire crimini di guerra".

L'Iran si muove?

Nella giornata di mercoledì, intanto, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ha ricevuto a Riad una delegazione guidata dal ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi. Secondo i resoconti ufficiali, le parti hanno discusso degli ultimi sviluppi della situazione regionale. L'incontro ha visto la partecipazione, da parte saudita, del principe Khalid bin Salman, ministro della Difesa, e del principe Faisal bin Farhan, ministro degli Affari esteri. Da parte iraniana, invece, era presente anche l'ambasciatore di Teheran a Riyadh, Ali Reza Enayati, in carica da quando - a inizio 2023 - i due paesi hanno riavviato le relazioni diplomatiche con il patrocinio della Cina. Il capo della diplomazia di Teheran, reduce da una visita non annunciata in Libano la scorsa settimana, è oggi in Qatar per incontrare l'omologo Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, in un tour diplomatico importante, se considerato alla luce dell'altissima tensione nella regione. L'Arabia Saudita, vale la pena ricordarlo, prima del 7 ottobre 2023 era sul punto di entrare nella cerchia degli Accordi di Abramo, puntando a normalizzare le relazioni con Israele. La guerra, però, si è rivelata una battuta d'arresto in tal senso, ma Riad non ha ancora escluso un futuro ingresso. Gli Stati del Golfo - in particolare Qatar e Oman - fanno spesso da ponte tra l'Iran e i paesi (come gli USA) che non hanno rapporti ufficiali con la Repubblica islamica.

Il commento

Di Eleonora Ardemagni, ISPI Senior Associate Research Fellow

"In questi giorni di snervante attesa, la parola d'ordine nel Golfo è neutralità. E gli incontri diplomatici si moltiplicano. L'Arabia Saudita e le monarchie non intendono, e non possono, scegliere tra Iran e Israele, ma in molte leadership guardano con favore al graduale indebolimento di Teheran e del cosiddetto asse della resistenza. L'Iran vuole assicurarsi che nessuna base militare del Golfo (specie americana), né intelligence locale, fornisca sostegno all'annunciato attacco israeliano contro l'Iran. Contenere la crisi e ´sigillare il Golfo` dalle scosse regionali sono dunque le priorità. Anche perché Riyadh e le monarchie sono consapevoli che a salvare il Medio Oriente dal baratro della guerra fra stati dovranno essere gli attori della regione stessa. Quel processo, dagli esiti incerti, si è già messo in moto".

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