Italia Nostra Onlus

06/21/2024 | News release | Distributed by Public on 06/21/2024 03:41

Un archeologo alla guida dei parchi archeologici. Sembrerebbe logico ma così non è nella terra di Archimede. Michele Campisi

Si pubblica qui di seguito il testo dell'articolo di Michele Campisi, segretario generale di Italia Nostra, pubblicato il 20 giugno sul sito di Repubblica Palermo in merito alle ultime nomine effettuate ai vertici dei parchi archeologici siciliani.

Sia chiaro, noi non siamo contro persone e nomi, purché ovviamente siano di sicura moralità e non siano oggetti di accertamento riguardanti fatti illegali. La questione che si è ripetutamente posta in questi mesi è, con più precisione, la qualifica che dovrebbe competere al dirigente di un parco archeologico in Sicilia. Motivo di una più attenta riflessione è l'ennesimo strappo alla regola del "buon senso". È stato infatti nominato alla guida del Parco Archeologico di Morgantina e della Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, un esperto di: granicoltura, consorzi ittici, condotte agrarie, con un fortuito passaggio al museo delle meravigliose ceramiche di Caltagirone. Tutte cose di cui ha certamente brillato per capacità e magistero. Non è tuttavia un archeologo. La questione è propriamente questa. Ovvero: la politica ufficiale della cultura siciliana ha maturato la convinzione che alla guida di una struttura operativa archeologica non debba pretendersi un archeologo.

Un chiaro e efficace logicismo dovrebbe facilmente condurre, nella terra di Archimede, ad un'assai contraria opinione. Se poi volessimo parlare dell'attuale orientamento politico dei vertici nazionali e regionali, potremmo perfino osservare che, anche solo per inclinazione nostalgica, si dovrebbe ritenere buona la visione sociale del "corporativismo" quale valore delle "competenze".

Ma perché dunque obiettare sulla visione di una via "manageriale" del ruolo di questa dirigenza? Già così la definizione di "dirigente" appare lo sfoggio di una gonfia pedanteria censuaria. Si connota nel lessico proprio per la sua distanza dalle cose, definendosi come avrebbe detto Protagora, nel "non essere ciò che non è". Come se in fondo per l'organizzazione di un parco o per la geografia antica di un sistema topografico archeologico, bastasse uno che sa far di conto e organizzare il lavoro altrui. Cosa di cui non è certo la Sicilia a vantarne solide scuole. A nulla vale dunque brandire il limite di una capacità di spesa, sempre l'ovvia sequela del "fare per dover fare", a cui è naturalmente votato il "non essere" dirigenziale. Pur di vuotare le saccocce, dare incarichi, appaltare lavori - meglio dunque se futili purché visibili - val bene qualsiasi cosa.

Questa la chiamano: Valorizzazione. Il Valore è invece quel semplice sostantivo che definisce un'entità qualsiasi, misurata su diverse scale di risorse anche non propriamente materiali. Nella cultura, di cui i beni archeologici sono parti fondanti, il valore predominante è appunto quello CULTURALE. Questa convinzione si consolida nel leggere quali sarebbero poi i soggetti monumentali di cui si occupa il direttore del Parco. I musei di Enna e di Aidone, le aree di Morgantina, Pietraperzia, Troina, Calascibetta e tante altre, tra le quali la malcapitata Villa del Casale di Piazza Armerina. Si avverte nettamente, nello spirito di questo nostro tempo la perdita di ruolo del passato. Appare ricercato solo nell'accezione utilitaristica del presente. Chi si occupa delle sue cose è visto come un chierico di cui diffidare. La Villa del Casale di Piazza Armerina, con le esecrabili condizioni di abbandono, è solo la punta di un ghiacciaio sommerso. Un po' ovunque le esperienze crescono sconfortandoci nell'assioma che devono portare una redditività monetaria. Le risorse, anche economiche, si raggiungono felicemente tuttavia con la ricaduta sul più largo territorio. Misurarlo nell'effetto di una azione intrapresa non ha alcun senso ed ha spesso il solo risultato di portare l'ingovernabile concentrazione turistica su aree delicate come il Teatro di Siracusa ed altri pochi siti. Libretti di carta patinata plurilingue, squallidissime di sintesi elementari, alimentano l'immagine, il "marker" turistico che ne veicola il luogo. Immagine dietro alla quale non vi è nulla. Ecco dunque sorgere un'idea "geniale" la costruzione di una trovata spettacolare che, con buona pace dei suoi organizzatori, nell'entertainment system dura soltanto lo spazio di una settimana. E poi? più nulla! Il nulla a cui del resto basta poco per dirigere il "non essere di ciò che non è".