23/11/2024 | Press release | Distributed by Public on 23/11/2024 14:11
«Ringrazio il Sindaco di Sant'Angelo dei Lombardi che ha voluto promuovere, in occasione del 44esimo anniversario del drammatico terremoto del 1980, questo importante momento di commemorazione e ricordo ma anche di riflessione e approfondimento sul delicatissimo e sempre attuale tema dello sviluppo delle politiche di protezione civile. In virtù del mio fortissimo legame con l'Irpinia, tenevo molto ad essere qui oggi, nel luogo assurto, suo malgrado, a simbolo dell'immane tragedia che colpì questa terra e altre parti del Sud del Paese.
Nella più grande catastrofe registratasi in Italia dal secondo dopo guerra in poi, la comunità santangiolese è, infatti, quella che ha pagato il più alto contributo in termini umani, con le sue quasi 500 vittime e più di 700 feriti su circa 5.000 abitanti.
Nel partecipare pochi giorni fa ad un evento alla Camera dei Deputati di presentazione del docufilm "Il Terremoto - Irpinia 1980", ho avuto modo di rivedere - e così di rivivere - le immagini dello scenario di morte, devastazione e disperazione che si registrò qui come in tutta l'Alta Irpinia, epicentro del sisma, che vide di colpo quasi completamente distrutto il suo patrimonio storico e urbanistico.
Come sa molto meglio di me il Primo Cittadino, chiamato, a poche ore da quel tragico evento, ad assumere per la prima volta, ancora giovanissima, la carica di Sindaco di questo paese, quei terribili e interminabili 90 secondi, oltre a causare il venir meno di un numero incredibile di vite e di intere famiglie, tolsero all'improvviso qualsiasi punto di riferimento sociale alla comunità.
Penso al crollo del palazzo Iappica, costruito solo 17 anni prima, che doveva essere un simbolo di modernità e che ospitava anche il famoso Bar Corrado, luogo di incontro per tanti giovani. In quella giornata festiva, in quella domenica, il Bar era affollatissimo: molti, infatti, erano accorsi ad assistere, forse anche mossi dall'entusiasmo suscitato dalla vittoria dell'Avellino, al Derby d'Italia, Juventus - Inter, trasmesso in differita sui canali RAI.
Penso ancora al collasso di una parte del locale Ospedale, inaugurato solo un anno prima, e alla distruzione del convento di Santa Maria delle Grazie, che ospitava suore e innocenti orfanelli. Lì oggi sorge il parco della memoria, con aceri e tigli, tanti quanti furono le vittime a eterno memoriale di quel terribile frangente che ha cambiato la vita di tutti gli abitanti del paese.
Talmente elevato fu il numero dei deceduti di giovane età che, nel tracciare il bilancio delle conseguenze del sisma, molti hanno sottolineato come a Sant'Angelo dei Lombardi sia praticamente venuta meno un'intera generazione.
Questa comunità, come tutta l'Irpinia, grazie anche al suo senso di appartenenza, alla sua grande unità e al suo legame con la terra di origine ebbe la forza di reagire, affrontando con encomiabile coraggio e non comune resilienza quei drammatici momenti e il lungo periodo della ricostruzione.
Come è stato già ricordato, l'attivazione e l'organizzazione iniziale dei soccorsi ha risentito di ritardi, dovuti in parte anche alla distruzione delle reti di comunicazione e alle carenze infrastrutturali che caratterizzavano l'area.
Nelle prime fasi regnò il caos più totale. Non fu neanche chiaro quale fosse il territorio più colpito dal sisma che fu avvertito in un'area vastissima.
Il resto del Paese ebbe consapevolezza dell'entità della tragedia che si era consumata solo a distanza di ore, dopo il discorso pronunciato dal Presidente Pertini, che stigmatizzò duramente i ritardi delle attività di soccorso.
Il messaggio alla nazione del Presidente della Repubblica, insieme al titolo del "Il Mattino" che sintetizzò in sole due parole "FATE PRESTO" la straziante richiesta di aiuto proveniente da chi era sopravvissuto e la necessità di intervenire rapidamente, concorsero a spronare le coscienze dell'intera Italia, stimolando un moto solidaristico e una mobilitazione senza precedenti della società civile. Da più parti pervennero, prima in maniera spontanea e poi organizzata, volontari e forme di aiuto.
A guidare e a riorganizzare la macchina dei soccorsi, come già avvenuto per il Friuli, fu chiamato, in qualità di Commissario straordinario, Giuseppe Zamberletti, a cui non a caso l'Amministrazione comunale ha voluto intitolare il locale Centro di protezione civile, che abbiamo avuto modo di visitare pochi istanti fa.
Non posso esimermi dal ricordare, come Ministro dell'Interno, il contributo dato in quelle drammatiche giornate dal Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco che, una volta constatata la gravità dell'evento, inviò nelle zone terremotate quasi un terzo della sua intera forza organica.
Il terremoto dell'Irpinia costituì, come noto, un vero e proprio spartiacque nella storia della protezione civile in Italia. Si avviò un profondo dibattito civile e culturale finalizzato a implementare la complessiva capacità di risposta del nostro sistema.
Questo percorso di approfondimento e di studio fu indirizzato e ispirato proprio dall'Onorevole Zamberletti, chiamato in quegli anni a dirigere il Ministero per il coordinamento della Protezione civile e lo stesso Dipartimento della Protezione civile. A lui va il merito di aver intuito come fosse ormai imprescindibile investire sulle delicatissime tematiche della prevenzione e della previsione, senza limitarsi a pensare alla sola gestione degli interventi emergenziali.
Si capì - come lo stesso Onorevole Zamberletti ebbe a dire - che i disastri vanno affrontati dopo averli prima «immaginati, descritti e vissuti». Ci si rese conto che per affrontare in maniera adeguata le calamità occorra investire sulla preventiva analisi, sulla definizione di scenari predefiniti, sull'implementazione delle misure di prevenzione, sullo sviluppo di modelli predittivi nonché sull'individuazione e sulla simulazione della casistica dei diversi scenari di rischio, anche nell'ottica di una loro mitigazione.
Venne, in prima battuta, data attuazione, a distanza di 10 anni dalla sua approvazione, alla legge 996 del 1970 e fu avviata l'implementazione della Rete sismica nazionale - strumento essenziale per localizzare gli eventi sismici in tempo reale o comunque utile ad orientare le prime operazioni di protezione civile -, per poi giungere all'approvazione della legge 225 del 1992, che ha mutato profondamente il nostro sistema.
Con essa viene inaugurato un modello - il cui impianto seppur affinato nel 2018 con l'emanazione del Codice della protezione civile è tuttora vigente - che fa leva sulla cooperazione orizzontale e verticale tra i vari livelli di governo e, più in generale, tra le Istituzioni, i cittadini, il mondo dell'associazionismo e la galassia del volontariato. Un impianto fondato su un assetto coordinato di competenze, policentrico e ispirato al principio di sussidiarietà.
In questo quadro assumono un ruolo fondamentale, come riconosciuto dallo stesso Codice, i profili afferenti alla diffusione della conoscenza e della cultura della protezione civile e all'informazione alla popolazione.
Proprio per tali ragioni ho pienamente condiviso e vivamente apprezzato la scelta dell'Amministrazione comunale di coinvolgere in questa giornata la comunità scolastica, in un'ottica di sensibilizzazione delle nuove generazioni.
La crucialità di questi temi, in special modo nella società moderna connotata da una forte mutevolezza e da inediti scenari di pericolosità, è lampante. A ben vedere il fine ultimo della partecipazione della popolazione, nella fase di pianificazione, prevenzione e di esplicitazione delle misure di protezione civile, è quello di accrescere la consapevolezza sui rischi che interessano il territorio in cui si vive e la conoscenza dei modelli comportamentali da adottare. Il "fattore rischio", seppur non azzerabile, può, infatti, essere ridotto dall'agire umano.
Ecco allora l'importanza di coinvolgere in questo circuito virtuoso gli istituti scolastici, ovvero gli ambienti preposti per eccellenza alla formazione e alla crescita culturale e valoriale di una collettività.
Il Servizio nazionale di protezione civile italiano è un punto di riferimento a livello internazionale. Ne sono parte anche la rete delle Prefetture e, quale componente fondamentale, il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, perno operativo del sistema per l'espletamento degli interventi urgenti di soccorso tecnico in situazioni emergenziali.
Il Corpo si contraddistingue da sempre per la sua capacità d'intervento, in qualsivoglia contesto anche quando lo stesso presenti tratti di particolare criticità. Ciò anche grazie all'alto livello di specializzazione del suo personale. Penso ad esempio alle donne e agli uomini che fanno parte delle squadre deputate alla ricerca e all'assistenza della popolazione coinvolta in scenari di crollo, quali quelli post-sismici, i team USAR - Urban Search and Rescue. Ricordo come, in virtù della riconosciuta elevata professionalità, l'ONU abbia affidato proprio a loro il compito di coordinare i Vigili del fuoco inviati dai diversi Paesi intervenuti nella città di Antiochia, a seguito del terribile terremoto registratosi all'inizio dell'anno scorso in Turchia.
Queste mie brevissime considerazioni in merito alla funzionalità del nostro sistema e alla sua capacità di risposta, non fanno, però, venir meno il nostro dovere di implementare sempre più le misure atte ad assicurare un innalzamento e un affinamento dei livelli di safety.
Dobbiamo continuare a perseguire tale imprescindibile obiettivo per corrispondere in maniera concreta alla crescente domanda di sicurezza, in senso sempre più ampio, che proviene dai territori.
In questo sforzo collettivo siamo tenuti a riservare particolare attenzione alle aree interne del nostro Paese che per anni hanno patito - e per alcuni aspetti continuano ancora a patire - una condizione di non più tollerabile marginalità.
Il porre le basi per un miglioramento delle condizioni di sicurezza di un territorio - intesa quest'ultima nella sua accezione più vera e moderna e, quindi, non limitata alle sole tematiche inerenti ai profili strettamente securitari - è la precondizione per offrire una possibilità di crescita e vero sviluppo ad una data comunità.
In questo contesto, si inquadra l'importanza dell'odierna occasione di confronto che, oltre a consentirci di tramandare la memoria sulla tragicità degli eventi che 44 anni or sono colpirono l'Irpinia, ci permettono una riflessione sulle prospettive di rafforzamento del sistema di protezione civile in questa terra, che ha già pagato un prezzo troppo alto.
Sono convinto che il modo migliore per commemorare quanti persero la vita, quanti videro, in pochi attimi, spezzati i propri affetti e le proprie consuetudini, sia quello di porre le basi per far sì che quanto accaduto non possa più ripetersi. Qualsiasi evento calamitoso, al di là della sua portata, finisce, infatti, per l'interagire con le caratteristiche, non solo morfologiche, del luogo in cui accade.
L'investire sulla cultura della prevenzione e del rischio e sull'implementazione dei presidi deputati, a vario titolo, a salvaguardare la pubblica incolumità, non è un'operazione neutrale, ma ci consente proprio di fornire una risposta concreta alle esigenze di cui ho fatto cenno.
Nel chiudere, consentitemi di rivolgere, in questa ricorrenza così significativa, il mio più sentito saluto a tutta la comunità Irpina che, in un contesto drammatico, seppe rialzarsi, dando prova dei propri innati valori.».