ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

26/07/2024 | Press release | Distributed by Public on 26/07/2024 14:56

Meloni a Pechino: 10 grafici per capire i rapporti Italia-Cina

Dal 27 al 31 luglio il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarà in visita di Stato in Cina per la prima volta nel corso del suo mandato. Si tratta di una visita molto attesa che giunge al culmine di una lunga fase di alti e bassi nei rapporti tra Roma e Pechino. Sette anni fa, quando l'Italia era Presidente di turno del G7, il Presidente Sergio Mattarella effettuò una visita di quasi una settimana in Cina. Seguì la partecipazione del Premier Gentiloni al Belt and Road Forum for International Cooperation, l'evento di lancio della Nuova Via della Seta. L'Italia fu l'unico paese membro del G7 a partecipare, fiduciosa che ciò potesse agire da apripista e permetterle di rafforzare le relazioni commerciali grazie a un miglioramento delle relazioni politiche. Tuttavia, nei mesi successivi, tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018, la politica interna cinese prese una piega più autoritaria e l'Occidente reagì di conseguenza. Il risultato è stato un peggioramento delle relazioni tra Cina e Occidente, in particolare quelle con gli Stati Uniti.

Quando Xi Jinping ricambiò la visita in Italia nel marzo 2019, l'immagine internazionale di Pechino era profondamente cambiata. Così, la scelta del Governo gialloverde di aderire formalmente alla Via della Seta attraverso un Memorandum of Understanding venne messa sotto accusa dagli alleati occidentali, che imputarono a Roma di aver cambiato campo di appartenenza politica. Paradossalmente, da allora le relazioni tra Cina e Italia si sono di fatto congelate e gli incontri tra i leader dei due paesi ridotti al minimo. L'unico incontro di alto livello risale al G20 di Bali del 2022, quando Xi Jinping invitò Meloni a visitare Pechino nell'anno successivo. Di contro, Francia e Germania, che nel 2019 avevano accusato l'Italia di un avvicinamento unilaterale alla Cina, hanno mantenuto solide relazioni politiche e commerciali sfociate anche in frequenti incontri trilaterali.

Il rinvio del viaggio di Meloni dal 2023 - quando Xi Jinping l'aveva invitata - a quest'anno si motiva con l'esigenza di risolvere prima la questione dell'adesione formale italiana alla Via della Seta, oggetto di critiche degli alleati. Nel mese di dicembre il governo italiano ha comunicato formalmente l'intenzione di ritirarsi dall'accordo, dopo aver spiegato - anche con una missione del Ministro degli Esteri Tajani - le ragioni di questa mossa. In cambio è stato rilanciato il Partenariato Strategico che risale al 2004, come a testimoniare che le relazioni tra Italia e Cina vanno oltre la questione del Memorandum.

L'obiettivo di Meloni in questa visita, quindi, è quello di normalizzare la relazione bilaterale con la seconda economia al mondo, una strategia che si completerà con la visita di Mattarella in Cina in autunno, quasi a chiudere il cerchio di relazioni instabili cominciato sette anni fa.

La Germania esporta di più, ma attenzione alle auto

La crescita economica cinese negli ultimi 20 anni si è accompagnata all'esplosione del commercio dell'Italia con la Repubblica Popolare. Nella primavera del 2024, sia l'import che l'export sono più che sestuplicati rispetto a quando la Cina era stata ammessa nell'Organizzazione mondiale del commercio a fine 2001. Un aumento simile si è verificato anche per altre maggiori potenze economiche europee come Germania e Francia, anche se però in questi due casi le tendenze sono state leggermente diverse. Dal punto di vista dell'export verso la Cina, Italia e Francia hanno seguito traiettorie quasi sovrapposte anche se, in termini assoluti, Parigi esporta leggermente più di Roma. La Germania, invece, ha trovata nella Repubblica Popolare un mercato importantissimo per assorbire la propria produzione (soprattutto industriale) staccando di molto Francia e Italia: se mediamente ognuna di queste ultime due esporta verso la Cina circa €1,5-2 miliardi di beni ogni mese, il dato per la Germania è di circa €8-9 miliardi. Dal punto di vista dell'import invece i tre paesi hanno conosciuto un aumento simile negli ultimi decenni, anche se i dati per l'Italia risultano leggermente più alti rispetto a Francia e Germania, in particolare durante la crisi dell'euro nel 2010-2011 e durante la riapertura post-pandemia, quando la Cina ha sussidiato la produzione per mantenere alta la crescita.

Nelle relazioni commerciali tra Europa e Cina, tuttavia, il settore di maggior rilievo è quello dell'automotive. Storicamente, infatti, l'equilibrio commerciale si è retto sull'importazione europea di numerosi prodotti, compensata però dall'export di auto in quello che è ormai il primo mercato al mondo. Quel mercato è oggi però saturo e il flusso del commercio di autoveicoli si sta invertendo, con la Cina che esporta sempre più auto, soprattutto elettriche. Questo è materia di grande preoccupazione per Bruxelles, perché una crisi del settore dell'auto potrebbe avere ripercussioni importanti sull'occupazione europea. Per questo mentre sono in discussione diverse misure, come i dazi, per limitare l'arrivo di auto cinesi, allo stesso tempo si discute della localizzazione in Europa di alcune fabbriche di auto cinesi per preservare posti di lavoro.

Come va il commercio tra Cina e Italia

Con la ripresa post-pandemia degli incontri tra Cina e Italia per promuovere gli scambi tra imprese, nuove priorità sono emerse per la cooperazione in campo economico tra i due paesi. Durante il Business and Dialogue Forum di Verona, tenutosi lo scorso aprile tra il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani e il ministro del Commercio della Repubblica Popolare Cinese Wang Wentao, tra le aree tematiche individuate a cui è stata attribuita rilevanza strategica per lo sviluppo dell'interscambio tra Cina e Italia ci sono il settore agroalimentaree quello farmaceutico. Per quanto riguarda l'interscambio agroalimentare negli ultimi tre anni, l'export italiano verso la Cina rimane stabile rispetto al livello registrato nel 2021 mentre l'import segna un andamento scostante con una sostanziale accelerata nel 2022, seguita da una brusca contrazione l'anno scorso. Nel campo farmaceutico invece, se l'import dalla Cina segue un andamento simile a quello registrato per il settore agroalimentare, l'export ha registrato nel 2023 un tasso di crescita record, quasi triplicando il dato dell'anno precedente.

Per quanto soprattutto il farmaceutico si stia affermando come un settore chiave, storicamente sono altri i settori che hanno trainato l'export italiano verso la Repubblica Popolare. La chimica, il tessile e le apparecchiature meccaniche ed elettroniche sono infatti settori dominanti per l'Italia, ma contestualmente sono anche quelli che gonfiano il deficit commerciale tra i due paesi. Da questo punto di vista la potenza manifatturiera della Cina si traduce in un pesante squilibrio per ognuno di questi tre settori, anche tenendo in considerazione la flessione subita trasversalmente dall'export cinese nel corso del 2023. Su questo ultimo punto, il settore automobilistico rappresenta invece un'eccezione poiché l'anno scorso le importazioni italiane di auto dalla Cina hanno continuato ad aumentare rispetto all'anno precedente: questa tendenza si inserisce però in una più generalizzata crescita del settore automobilistico cinese, che l'anno scorso ha attraversato una fase di boom delle esportazioni che ha interessato molto da vicino tutta l'Europa. A fare da contraltare è il dato sull'export italiano di auto verso la Cina, che nel 2023 ha toccato il livello più basso degli ultimi 3 anni.

La partita degli investimenti

La crescita dell'economia cinese all'inizio di questo millennio è stata seguita da una campagna di investimenti all'estero che ha raggiunto il picco nel 2016. In quella fase tutti i paesi europei facevano a gara per attrarregli investimenti cinesi; tuttavia, con il cambiamento nelle relazioni tra Cina e Occidente nel 2017-2018 la priorità per Bruxelles si è spostata dall'attrarre capitale cinese a limitarlo. Il timore diffuso era che la Cina potesse acquisire tecnologie strategiche su cui poi far leva per ottenere un vantaggio economico e politico. È per questo che sotto il Governo Draghi l'Italia si è dotata della legislazione del Golden Power, con l'obiettivo di mettere in sicurezza aziende ritenute strategiche. Gli investimenti cinesi verso il nostro paese hanno così seguito l'andamento discendente mostrato in Europa, passando dagli oltre 40 miliardi di euro del 2016 ai circa 10 del 2023. Per il 2023 EY segnala 13 operazioni verso il nostro paese, collocandolo nella top10 come destinazione di investimenti cinesi per numero di operazioni. Tuttavia, il valore cumulato di queste transizioni è sicuramente al di sotto di 1,7 miliardi di dollari, ovvero quanto raccolto dall'ultimo paese nella top10 per valore. Anche per quanto riguarda i dati sugli stock di investimenti in Italia, la Repubblica Popolare si colloca lontano dalle prime posizioni attestandosi su un valore inferiore ai 5 miliardi di euro. Questo dato risulta ancora più sbilanciato a confronto con i circa 15 miliardi di euro rappresentati dagli stock degli investimenti italiani in Cina.

Cittadini cinesi in Italia: la più grande comunità d'Europa

I rapporti tra Italia e Cina però non si esauriscono nell'economia e la dimensione dei rapporti umani tra le popolazioni dei due paesi ha assunto negli ultimi decenni una dimensione sempre più importante. Oggi, infatti, secondo i dati Eurostat l'Italia ospita la comunità di cittadini cinesi più grande d'Europa, un dato che si è consolidato negli ultimi due decenni. La comunità si aggira attorno ai 300.000 individui, distribuiti in modo irregolare sul territorio dato che circa 9 cittadini cinesi su 10 in Italia sono concentrati nelle regioni del centro-Nord.

Numericamente la presenza territoriale più nutrita è quella della Lombardia dove, grazie anche alla comunità di Milano, si è radicata poco meno di un quarto della presenza cinese in Italia (circa 69.000 residenti). La regione in cui però si registra la più alta incidenza numerica sulla popolazione è la Toscana, dove mediamente circa 15 abitanti su 1000 sono cittadini cinesi. In generale, la popolazione cinese in Italia è ben integrata nel mercato del lavoro, con un tasso di occupazione del 66,3% (un valore migliore rispetto al 59,2% della popolazione extracomunitaria nel complesso), mentre il tasso di disoccupazione si attesta sul 5,2% (vs 12%).

Turismo cinese in Italia: ripresa post-covid?

L'Italia pre-pandemia era tradizionalmente una delle mete più gettonate dai turisti cinesi. Secondo dati Eurostat, nel 2016 il paese era la seconda destinazione europea con il 18% dei cittadini cinesi in arrivo nel continente che sceglievano l'Italia (dietro al Regno Unito e davanti alla Francia). Questo aumento degli arrivi era dovuto in buona parte al crescente benessere economico diffusosi nella Repubblica Popolare che ha permesso, nei 5 anni precedenti alla pandemia, agli arrivi cinesi di toccare la soglia del 5% di tutti gli arrivi secondo i dati Istat. Il 2020, che doveva essere l'anno del turismo tra Italia e Cina, è stato invece l'anno del crollo a causa della pandemia da Covid e delle restrizioni in Italia e in Cina. Complessivamente i turisti in partenza dalla Cina sono diminuiti sensibilmente, e in particolare nel caso italiano gli arrivi sono crollati da 3,17 milioni nel 2019 a circa 200-300 mila l'anno nel periodo 2020-2022, contraendosi fino a rappresentare appena lo 0,59% di tutti gli arrivi nel 2022. Benché l'anno scorso l'Istat abbia registrato una ripresa e la quota di arrivi sia stata pari all'1,68% del totale, in numeri assoluti i turisti cinesi in Italia sono rimasti attorno alla quota di 1,1 milioni: un livello equiparabile a quello del 2011, quando però il PIL pro capite dei cittadini cinesi era meno della metà di quello attuale.

Cresce il commercio con tutta l'Asia

Il rapporto dell'Italia con la Cina passa anche attraverso una diversificazione dei rapporti con gli altri partner in Asia. Le relazioni commerciali si sono intensificate negli ultimi due decenni con tutte le principali economie regionali e il peso dei singoli paesi è cambiato nel tempo. Se nel 2000 il principale partner commerciale dell'Italia nell'area era il Giappone (con €10,8 miliardi di interscambio), oggi nel novero dei top partner sono entrate anche l'India e la Corea del Sud (con un interscambio rispettivamente di €14,3 e €12,5 miliardi) a fianco del Giappone (€13,5 miliardi). Significativa è stata anche la crescita dei rapporti commerciali con le nazioni del Sud-Est Asiatico, tra le quali spicca il Vietnam, il cui interscambio annuo con l'Italia nel periodo 2000-2023 è cresciuto da €500 milioni circa a €5,7 miliardi (in termini percentuali si tratta di un notevole +990%). Con l'attenzione verso la diversificazione delle catene del valore per ridurre l'esposizione alla Cina, questi valori sono destinati ad aumentare nei prossimi anni, così come gli investimenti per localizzare la produzione in queste aree.

Oltre i rapporti bilaterali

La visita di Meloni non è importante solo nel quadro dei rapporti bilaterali, ma si inserisce in una fase delicata delle relazioni tra la Cina e l'Europa. Il tema di discussione è il cosiddetto "derisking", ovvero la riduzione dell'esposizione economica alla Cina attraverso investimenti di politica industriale e diversificazione delle supply chain. Si tratta però di una strategia lunga e costosa che spinge i principali paesi europei a voler minimizzare i costi mantenendo buone relazioni con Pechino. È questo lo spirito che ha accompagnato le visite del tedesco Scholz in Cina o l'accoglienza che Macron ha riservato a Xi Jinping durante la sua visita in Francia. Meloni deve così raggiungere contemporaneamente gli obiettivi di creare condizioni positive per relazioni economiche in settori non strategici - e dunque aumentare l'interscambio senza aumentare la dipendenza - e di riaffermare la piena appartenenza italiana al campo atlantico, della quale gli alleati avevano dubitato dopo l'adesione alla Via della Seta. In discussione nella visita ci saranno così accordi volti a ribilanciare il deficit commerciale italiano e, con buona probabilità, anche un possibile ingresso dell'automotiva cinese in Italia con l'idea di portare occupazione manufatturiera nel nostro Paese.