ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

29/08/2024 | Press release | Distributed by Public on 29/08/2024 12:28

La ricetta di Starmer per “riparare” il Regno Unito

Un messaggio al Paese, in chiave di politica interna. Un messaggio all'Europa, in chiave di politica estera. A quasi due mesi dalla sua elezione a Premier e alla vigilia della ripresa dei lavori parlamentari a Westminster, Keir Starmer esce allo scoperto. Niente vacanze per lui in una estate inglese tormentata dalla fiammata di violenza xenofoba dopo gli attacchi a Southport, con tre ragazzine uccise a coltellate. Luglio e agosto sono serviti al Premier e ai neoministri per verificare la situazione lasciata dai precedenti governi. Da qui la prima uscita di Starmer: un durissimo discorso alla nazione dal giardino di Downing street, scelta simbolica visto che in tempi di lockdown era stato teatro dei brindisi e festini dei collaboratori di Boris Johnson. Ora, riconquistato lo spazio al suo ruolo "di servizio alla gente", come Starmer non ha mancato di sottolineare, dietro un podio con la scritta "Fixing the foundations" (Riparare le fondamenta), il Premier ha parlato con toni preoccupati: "la situazione dei conti pubblici è più grave di quanto pensassimo", "abbiamo trovato un buco di 22 miliardi di sterline", "le cose andranno peggio prima di tornare a migliorare", "la manovra di ottobre sarà dolorosa". Insomma, se non proprio le "lacrime e sangue" di Churchill agli Inglesi in guerra, poco ci manca.

Operazione trasparenza e senso di responsabilità, dicono i Laburisti. Il Paese va messo di fronte al quadro reale. Poi un messaggio anche di speranza: "i sacrifici di oggi daranno benefici duraturi domani", promette Starmer. Chi li debba fare, questi sacrifici, è chiaro. Il primo Premier laburista dopo 14 anni di governi Conservatori dice una cosa di sinistra e mette le mani avanti: il peso maggiore sarà su "chi ha le spalle più larghe". Classi abbienti e ceti medio-alti. In campagna elettorale i Laburisti si erano impegnati a non alzare le tasse sui lavoratori. Pur passando in questo la palla alla Cancelliera dello scacchiere Rachel Reeves, Starmer fa capire che non saranno toccate le aliquote sul reddito o l'IVA o i contributi previdenziali. Nel mirino piuttosto le tasse di successione, i capital gain, gli extraprofitti di alcuni settori industriali (v. energia). I Conservatori non ci stanno al "blaming game", reagiscono dicendo che viene fuori adesso quello che si è sempre saputo: il Labour è il partito delle tasse. Ma nessuno li sta a sentire, in balia come sono di una nuova lotta per il posto di Leader. Insomma, si vedrà il 30 ottobre, alla presentazione del nuovo Budget, chi pagherà il conto più salato di queste finanze dissestate.

Poche ore dopo il discorso di Downing street, Starmer era già in viaggio. Come per il giardino, anche le due mete della sua prima visita ufficiale in Continente parlano da sole: Berlino e Parigi. Il motore dell'Unione europea. Non fosse stato abbastanza chiaro, il Premier lo ha detto parola per parola: "vogliamo voltare pagina sulla Brexit". Grande slancio filoeuropeo dunque? A parole sì, nei fatti un po' meno. I toni sono sicuramente cambiati su entrambi i fronti, il Cancelliere Scholz ha risposto "siamo pronti a tendervi la mano". I due leader hanno annunciato un accordo bilaterale di ampio raggio, dagli scambi commerciali alla sicurezza, dall'immigrazione illegale all'energia, da firmare entro l'anno. Meno carne al fuoco invece a Parigi. Occasione dell'incontro la cerimonia inaugurale delle paraolimpiadi e tema obbligato: gli attraversamenti illegali della Manica. Quest'anno sono già oltre 20 mila i migranti che hanno raggiunto clandestinamente le coste inglesi. Dopo avere archiviato il progetto Ruanda dei Conservatori, Starmer ha bisogno di dimostrare che può comunque gestire il fenomeno. La collaborazione con Parigi è indispensabile, già avviene e i rapporti migliorati non potranno che rafforzarla. Ma siamo ancora agli aspetti marginali di una cooperazione forte post Brexit. Ci vuole altro.

Già con l'Italia era stato firmato un accordo bilaterale dal governo Sunak nell'aprile dello scorso anno, ma i limiti di intese del genere sono evidenti. Nemmeno Berlino o Parigi possono offrire in sede bilaterale quello che va invece concordato a livello europeo. In più scattano i limiti a cui Starmer è vincolato dalle sue stesse contraddizioni. Ancora in queste visite, come fatto in campagna elettorale, il neo Premier ha ripetuto che il risultato del referendum 2016 sulla Brexit non va disatteso. Quindi niente rientro a pieno titolo del Regno Unito come Paese membro dell'Unione. Nessun rientro nel mercato unico europeo e nemmeno nell'unione doganale. Ma senza queste possibilità i margini di manovra sono residuali: al massimo snellire i controlli doganali e poco altro. Anche il nuovo governo dunque si trova di fronte al dilemma che ha tormentato e dilaniato i precedenti. Stare un piede dentro e un piede fuori dal mercato unico non è possibile, Bruxelles legittimamente vuole proteggere l'integrità dello spazio comune commerciale.

Per dare un segnale allora si guarda alla libertà di movimento delle persone, dove qualche spiraglio si comincia a vedere. Dopo averlo escluso più volte, Starmer si è mostrato più disponibile a discutere l'abolizione temporanea dei visti per i giovani sotto i 30 anni e la ripresa degli scambi studenteschi con il programma Erasmus. Sarebbe un primo passo importante, ma per questo il prudente Starmer dovrebbe mostrare verso l'Europa un po' più di coraggio.