Università della Svizzera italiana

07/03/2024 | News release | Distributed by Public on 07/03/2024 07:31

Le zone di montagna ticinesi e svizzere, tra i rischi odierni e quelli del futuro

I recenti eventi catastrofici avvenuti nel Moesano, in Vallemaggia e nel canton Vallese hanno suscitato interrogativi e riflessioni in merito al presente e al futuro degli insediamenti umani nelle zone di montagna ticinesi e svizzere. Luigi Lorenzetti, Professore titolare presso l'Accademia di architettura dell'Università della Svizzera italiana e coordinatore del Laboratorio di Storia delle Alpi, si è chinato sull'argomento parlandone in una lunga intervista pubblicata sulle pagine del Corriere del Ticino.

Prima di lanciare uno sguardo al presente, e di riflesso al futuro, Luigi Lorenzetti ha innanzitutto posto l'accento su quanto avvenuto in passato, ricordando i vari eventi catastrofici che dal 17. secolo all'inizio degli anni duemila hanno caratterizzato e in qualche modo modellato queste regioni, afflitte, per l'appunto, in maniera ciclica da questi fenomeni. "Di fronte a questi eventi - ha sottolineato il Professore dell'Accademia di architettura -, nel corso del tempo le popolazioni di montagna hanno saputo elaborare una vera e propria 'cultura del rischio' basata sulla memoria storica, identificando aree pericolose e adottando strategie insediative efficaci. Questa cultura ha mitigato sensibilmente i rischi, sebbene il rischio zero in montagna sia irraggiungibile".

Proseguendo nel suo intervento, Lorenzetti ha poi evidenziato la doppia valenza sociale della montagna: luogo da cui si partiva a causa della povertà e delle difficoltà di collegamento, ma anche luogo di rifugio e protezione, come si è visto ad esempio durante la pandemia. Oggi con il cambiamento climatico la montagna è nuovamente percepita come un luogo del pericolo, con il rischio di una migrazione climatica dalle aree più pericolose. Per affrontare il problema, Lorenzetti suggerisce politiche di mitigazione e riduzione delle emissioni di CO2, ma anche interventi a breve termine come il potenziamento dei sistemi di prevenzione e una migliore gestione dei fattori di rischio. "La grossa minaccia, oggi, è proprio la rinuncia a mettere in atto quelle misure che consentono alla gente di continuare a vivere nelle valli alpine, e che evitano peraltro ripercussioni negative anche per le aree di pianura".

L'intervista integrale, realizzata da Dario Campione sulle pagine del Corriere del Ticino, è disponibile scaricando il file PDF in allegato.