Comune di Verona

08/08/2024 | Press release | Distributed by Public on 08/08/2024 06:17

VERONA RICORDA GIUSEPPE CORSO NEL 68° ANNIVERSARIO DELLA TRAGEDIA DI MARCINELLE

L'8 agosto 1956, a causa di un enorme incendio, persero la vita 262 minatori, 136 dei quali emigrati italiani tra cui il veronese Giuseppe Corso.
Un fenomeno quello delle vittime sul laboro che non si arresta e che vede nel 2023 la provincia di Verona prima con 32 decessi.
La tragedia di Marcinelle, sobborgo operaio di Charleroi in Belgio, è il simbolo alla memoria di tutti gli emigrati italiani che hanno perso la vita sul lavoro. Un mestiere duro, faticoso e pericoloso che, l'8 agosto 1956 nella miniera di carbone del "Bois du Cazier", costò la vita a 262 minatori, 136 dei quali italiani, soffocati dall'ossido di carbonio e braccati dalle fiamme di un incendio. Uno di essi era il veronese Giuseppe Corso che è stato commemorato oggi, in occasione della Giornata nazionale del Sacrificio del lavoro italiano nel mondo, con la deposizione di una corona nella via a lui intitolata nel 2001 a San Felice Extra.
Durante la cerimonia, alla quale sono intervenuti l'assessore alla Memoria storica Jacopo Buffolo, i parenti di Corso, i rappresentanti delle istituzioni militari e civili cittadine dell'associazione Veronesi nel Mondo, si è ricordato quanto sia necessario tutelare i lavoratori, indipendentemente dalla nazionalità e il luogo di lavoro.
"Marcinelle - dichiara Jacopo Buffolo - è un ricordo da tenere vivo nella storia del nostro paese per permetterci di costruire risposte migliori e vigilare ancora con più attenzione, per permetterci di costruire un futuro più giusto per tutte e tutti i lavoratori. A livello nazionale sono 1041 i morti sul lavoro del 2023 e 469 quelli nel primo semestre di quest'anno, a testimoniare che la piaga delle morti sul lavoro non è una questione novecentesca, ma prosegue nel mondo in cui viviamo.
Giuseppe Corso, morto l'8 agosto 1956 nella miniera di carbone di Bois du Cazier a Marcinelle, ed era uno dei 262 minatori che quel giorno persero la vita. Di questi 136 erano italiani. Erano italiani perché nel dopoguerra, in un paese da ricostruire la disoccupazione era altissima, mentre in regioni d'Europa poco più a Nord la manodopera non era solo ricercatissima, ma si cominciava a intravedere quel fenomeno, ancora di fortissima attualità, dove la popolazione autoctona smetteva di fare lavori troppo gravosi e pericolosi.
Sono stati più di 40.000 i lavoratori italiani finiti nelle miniere di carbone del Belgio tra il 1946 e il 1964, di questi 867 morirono nelle miniere tra frane, esplosioni, cadute nei pozzi.
Uomini partiti spesso con tante promesse. La promessa di un salario elevato, di assegni familiari e viaggi all'estero, di alloggi in cui vivere. Spesso invece si trovarono a vivere in baracche inadeguate e a lavorare in condizioni di sicurezza precaria, alle quali si sommavano le discriminazioni subite dagli immigrati da parte della popolazione locale. A questa beffa si sommava anche quella politica perché l'Italia non ricevette mai dal Belgio la congrua quantità di carbone patteggiata dagli accordi bilaterali sull'emigrazione".
Ad inizio intervento l'assessore Buffolo ha dato lettura del testo di vicinanza trasmessa per l'occasione dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia. "Fra i 136 italiani - scrive il governatore - cinque erano cittadini veneti … i minatori Giuseppe Corso di Montorio Veronese, Dino Dalla Vecchia di Sedico, Giuseppe Polese di Cimadolmo, Mario Piccin di Codognè, Guerrino Casanova di Motebelluna".
Presenti alla cerimonia l'assessore al Terzo settore Italo Sandrini, il Questore Roberto Massucci, il deputato veronese Marco Padovani, il presidente dei Veronesi nel Mondo Luciano Corsi, il presidente dei Veronesi nel mondo Charleroy - Marcinelle Gianni De Nardi, il rappresentante di CGIL CISL UIL UGL Federico Crestan e i ragazzi dell'associazione Nico tra le stelle, nata per dare memoria del giovane veronese Nicolò Corsi, morto sul lavoro.

I numeri. Sono 101 i decessi da gennaio a dicembre 2023 (contro i 113 del 2022). Il Veneto risulta così secondo in Italia per numero di vittime totali dopo la Lombardia (172) ed è terzo per decessi in occasione di lavoro sempre dopo la Lombardia (133) e la Campania (75).
Il più elevato numero di decessi si è verificato in provincia di Verona (32). Seguono: Venezia con 20 vittime, Treviso (17), Padova (14), Vicenza (10), Belluno (5) e Rovigo (3).
Inoltre, sono 69.643 le denunce di infortunio complessive in Veneto su un totale, in Italia, di 585.356. Vale a dire circa l'11,9% di quelle rilevate a livello nazionale. Le denunce di infortunio totali in regione sono diminuite del 17% rispetto alla fine di dicembre del 2022 (erano 83.885).
Nota storica
La catastrofe mise termine al trattato 'Uomini contro carbone', siglato nel 1946 tra l'Italia e il Belgio, in base al quale il Belgio doveva cedere all'Italia carbone in cambio di manodopera italiana da impiegare nelle proprie miniere.
Tra il 1946 e il 1956 più di 140 mila italiani andarono a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia: la presenza degli operai del Belpaese nella miniera di Marcinelle, che oggi fa parte dei patrimoni storici dell'Unesco, era proprio figlia di questo trattato.