ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

31/07/2024 | Press release | Distributed by Public on 31/07/2024 13:41

Ucciso il capo politico di Hamas

A Teheran, alle 2 del mattino ora locale, il capo dell'ala politica di Hamas Ismail Haniyeh è stato ucciso. Lo hanno confermato sia il gruppo palestinese sia le guardie della rivoluzione iraniana, che hanno accusato Tel Aviv dell'omicidio. Sebbene diversi ministri del governo israeliano abbiamo salutato positivamente la notizia, l'uccisione di Haniyeh non è ancora stata ufficialmente rivendicata da Israele. Haniyeh si trovava in Iran per partecipare all'inaugurazione della presidenza di Masoud Pezeshkian. Secondo il gruppo palestinese che governa la Striscia di Gaza, Haniyeh è stato ucciso "da un raid sionista contro la sua residenza a Teheran". Le dinamiche dell'uccisione non sono però ancora del tutto chiare e le autorità iraniane stanno investigando l'accaduto. Nel frattempo, sono arrivati diversi messaggi di condanna da parte di paesi e organizzazioni vicini ad Hamas, tra cui Turchia e Qatar, ma anche da Cina e Russia nonché da parte degli Houthi dello Yemen e di Hezbollah in Libano. Anche l'organizzazione libanese era stata poco prima colpita da un bombardamento israeliano diretto al braccio destro di Hassan Nasrallah, Fuad Shukr. Al momento, però, sebbene Israele ne abbia annunciato la morte, Hezbollah non ha rilasciato conferme sulle sorti di Shukr, che sarebbe stato colpito da un raid a Dahiye, quartiere meridionale della capitale libanese Beirut e roccaforte dei miliziani, dove sono morte altre tre persone. Il bombardamento arrivava in risposta alla strage di sabato scorso a Majdal Shams, cittadina drusa sulle Alture del Golan, colpita - secondo Israele - dai miliziani libanesi, che però negano il coinvolgimento nell'attacco in cui sono morti 12 bambini. Gli eventi delle ultime 24 ore rappresentano un'importante svolta politica per le sorti della regione e paventano un'ulteriore spirale di tensione in Israele-Palestina.

Chi era Haniyeh?

Nato 62 anni fa nel campo profughi di Shati, vicino Gaza City, da genitori espulsi da Askalan/Ashkelon, Ismail Haniyeh ricopriva la carica di leader dell'ala politica di Hamas dal 2017, quando rimpiazzò Khaled Meshaal. Dal 2019, viveva in esilio in Qatar. Haniyeh ha scalato tutte le gerarchie dell'organizzazione palestinese Hamas cui aderì durante la Prima Intifada tra il 1987 e il 1988. Imprigionato più volte dalle autorità israeliane e deportato in Libano nel 1992, torna a Gaza nel 1993, dove diventa rettore dell'Università Islamica. Nel 2003, viene ferito insieme al fondatore dell'organizzazione Sheikh Ahmed Yassin durante un raid israeliano. Un anno più tardi, Israele uccide sia Yassin che l'altro leader Abdel Aziz Rantisi e Haniyeh viene nominato membro della "leadership collettiva" di Hamas. Nel 2006, diventa primo ministro dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP), ma appena un anno dopo viene rimosso dal presidente Mahmoud Abbas, decisione che poi porterà allo scontro diretto tra Fatah e Hamas e alla presa di controllo della Striscia di Gaza da parte di questo ultimo. Dopo la nomina a capo politico di Hamas nel 2017, Haniyeh viene identificato dagli Stati Uniti come "Specially Designated Global Terrorist". Sono gli anni dell'amministrazione Trump, che riconosce ufficialmente Gerusalemme come capitale di Israele. Padre di 13 figli, tre dei quali uccisi da Israele nel 2024, Haniyeh veniva considerato un leader pragmatico e la mente diplomatica del gruppo. Era la figura chiave nei negoziati per arrivare a un accordo di tregua e per il rilascio degli ostaggi presi da Hamas lo scorso 7 ottobre, per il quale considerava indispensabile la fine dei combattimenti e il ritiro dei soldati israeliani dalla Striscia, condizioni che il premier d'Israele Benjamin Netanyahu ha sempre bollato come "inaccettabili".

Come cambia la situazione?

L'organizzazione palestinese Hamas è suddivisa in due strutture: una politica, i cui principali rappresentanti sono per lo più all'estero, e una militare, i cui leader si trovano nella Striscia di Gaza. Con la morte di Haniyeh, Hamas perde la principale figura diplomatica per il futuro dei negoziati per un cessate-il-fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani, ma probabilmente la situazione sul campo rimarrà invariata. Anche la leadership militare sembra aver subito importanti perdite, tra cui Marwan Abdel Karim Ali Issa, numero tre dell'organizzazione ucciso lo scorso marzo. Mentre sulla morte del comandante generale delle brigate al Qassam Mohammed Deif, non ci sono ancora conferme da parte di Hamas, anche se alcune fonti israeliane ne avevano annunciato la morte due settimane fa. L'uccisione di Haniyeh avrà quindi un risvolto soprattutto a livello regionale. Questa mattina, infatti, l'ayatollah Ali Khamenei ha detto che l'Iran punirà Israele. L'escalation potrebbe seguire la stessa logica che ad aprile portò alla ritorsione iraniana con centinaia tra missili e droni diretti in Israele (quasi tutti intercettati), in seguito all'attacco israeliano contro l'ambasciata dell'Iran a Damasco, in Siria. Al momento, però, non è possibile stimare l'entità della risposta iraniana, anche se è prevedibile che la continua crescita della spirale di tensione possa portare a un maggiore coinvolgimento dei paesi della regione nel conflitto con Israele. In un messaggio di cordoglio e condanna arrivato in tarda mattinata, le brigate al Qassam hanno annunciato che l'uccisione di Haniyeh "avrà grosse ripercussioni in tutta la regione".

Il conflitto si estende?

Nel giro di poche ore, Israele ha dimostrato di poter colpire al cuore i principali alleati dell'Iran, con attacchi mirati a Beirut e Teheran. Per quanto Hezbollah non abbia ancora confermato l'uccisione di Fuad Shukr, è evidente come il baricentro del conflitto si stia pericolosamente spostando al di fuori dei confini di Israele-Palestina. Questa dinamica si è fatta più pronunciata dopo la strage sulle Alture del Golan, arrivata al culmine di attacchi e risposte tra Hezbollah ed esercito israeliano in prossimità del confine. Se anche gli eventi delle ultime 24 ore non portassero a una reale estensione geografica della guerra, sembra certo che questi stanno allontanando una soluzione diplomatica, sempre più rapidamente scalzata dalla necessità di rispondere all'attacco precedente di uno degli attori in gioco. Dal canto loro, gli Stati Uniti, così avviluppati in una campagna elettorale ricca di colpi di scena, non vogliono che la guerra si estenda a tutto il Medio Oriente, ma allo stesso tempo non stanno usando alcuna leva diplomatica nei confronti di Israele, che ha sin qui ignorato ogni consiglio dell'amministrazione Biden nonché sfidato legalmente i pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia.

Il commento

Di Mattia Serra, ISPI MENA Centre

"È bastata una notte a gettare l'intero Medio Oriente di nuovo nel caos. Due omicidi mirati in due capitali che rendono la tanto temuta prospettiva di un'escalation regionale ancora più vicina. Il colpo più duro è però quello inferto all'Iran. Non solo l'uccisione di Haniyeh rivela tutte le debolezze dell'apparato di sicurezza iraniano, ma colpisce anche l'immagine del paese sul piano internazionale. Che una figura così di spicco venga uccisa a Teheran a poche ore dal giuramento del nuovo presidente - evento a cui per altro hanno partecipato rappresentanti di diversi governi - è un fatto nuovo. E tutto questo in un contesto in cui gli Stati Uniti sembrano ogni giorno più inerti e distanti e in cui i paesi della regione - per quanto spaventati dalla situazione - non hanno gli strumenti per prevenire un'escalation che sarebbe devastante per tutti."

Vuoi ricevere i nuovi Daily Focus direttamente nella tua casella di posta?
ISCRIVITI