ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

04/03/2024 | Press release | Distributed by Public on 04/03/2024 10:25

Afghanistan: indietro tutta

A poco più di due anni e mezzo dal disastroso ritiro americano e dal ritorno al potere dei Talebani, l'Afghanistan ha 'finalmente' completato il suo regresso all'oscurantismo. Dopo aver ripristinato l'obbligo ad indossare il burqa, aver chiuso le scuole di ogni forma e grado e precluso alle donne tutti gli spazi pubblici e di lavoro, Kabul ha annunciato 'l'atteso ritorno' di un grande cavallo di battaglia del regime talebano: la lapidazione delle adultere. Lo ha reso noto nel fine settimana il leader supremo Hibatullah Akhundzada che in un intervento alla televisione di stato dalla roccaforte talebana di Kandahar, ha sintetizzato così il punto di vista del governo: "Qualcuno potrebbe definirla una violazione dei diritti delle donne, quando le lapidiamo o le fustighiamo pubblicamente per aver commesso adulterio, perché ciò è in conflitto con i loro principi democratici" ha detto: "[Ma] io rappresento Allah, e loro rappresentano Satana". Il leader supremo del regime più illiberale al mondo, tuttavia, può accantonare le sue preoccupazioni: nessuno è insorto contro la decisione che sancisce, una volta per tutte, il ritorno all'apartheid di genere e smantella ogni residuo diritto e protezione per 14 milioni di donne e ragazze. "Con questo annuncio da parte del leader talebano è iniziato un nuovo capitolo di punizioni private e le donne afghane stanno sperimentando la profonda solitudine", ha commentato Safia Arefi, avvocato e capo dell'organizzazione afghana per i diritti umani Women's Window of Hope. "Nessuno è più al loro fianco per salvarle dalle punizioni dei talebani. La comunità internazionale ha scelto di rimanere in silenzio di fronte a queste violazioni dei diritti delle donne", ha aggiunto.

Come prima, peggio di prima?

In aperta contraddizione con le promesse formulate nell'agosto del 2021, quando dopo un'insurrezione ventennale contro il governo sostenuto dagli Stati Uniti sono tornati a Kabul, i Talebani hanno ripristinato un sistema di leggi e regole che riflette una visione rigorosa della Sharia, comprese le punizioni corporali. Un passo dopo l'altro hanno ricreato un regime in tutto e per tutto simile a quello in vigore negli anni '90 - noto per l'espiazione pubblica delle pene, tra cui lapidazioni, amputazioni ed esecuzioni di piazza - limitando sistematicamente i diritti umani e le libertà delle donne e accrescendo il proprio isolamento internazionale. Oggi nelle città e nelle aree rurali dell'Afghanistan le donne non possono camminare liberamente per le strade. A milioni di ragazze è vietato ricevere un'istruzione e neppure possono generare reddito per contribuire al sostentamento delle proprie famiglie. Secondo le Nazioni Unite, l'Afghanistan è oggi il posto peggiore al mondo in cui nascere e in cui diventare madre: in assenza di adeguata assistenza sanitaria, infatti, ogni due ore una donna muore di parto e il controllo delle nascite è vietato. Sempre più ragazze ragazze sono costrette a sposarsi, spesso con uomini molto più anziani, e i tassi di suicidio tra le giovani e meno giovani sono in costante aumento.

Incubatore del terrorismo?

Sarebbe scorretto, tuttavia, sostenere che l'Afghanistan sia tornato al punto di partenza. La situazione infatti è peggiore di quanto non lo fosse trent'anni fa. Ogni nuova restrizione sulle donne rafforza la presa dei talebani sull'intera popolazione e alimenta l'estremismo in una società permeata dai gruppi armati e dal jihadismo. Sebbene il regime di Kabul combatta il gruppo terroristico noto come Stato islamico della Provincia del Khorasan (ISKP) - responsabile tra gli altri dell'attacco che il 23 marzo a Mosca ha ucciso oltre 130 persone - consente ad altri gruppi terroristici di operare liberamente nel paese. L'ultimo rapporto di monitoraggio delle sanzioni delle Nazioni Unite, pubblicato nel gennaio 2024, rileva che al Qaeda ha istituito otto nuovi campi di addestramento sul territorio afghano, mentre il Tehreek-e-Taliban Pakistan, che ha numerose basi nel paese è responsabile di un numero crescente di attacchi contro civili e forze armate pakistane. La frustrazione e le tensioni generate da una situazione in rapido deterioramento sono tali che lo scorso anno Islamabad ha minacciato e poi intrapreso una campagna per respingere i rifugiati afghani, citando problemi di sicurezza. A dicembre 2023 erano stati deportati giù più di mezzo milione di afghani, tra cui numerosi donne e bambini.

A chi piace l'Emirato?

La repressione dei diritti delle donne ha peggiorato lo status dell'Afghanistan come Stato paria, vanificando gli sforzi dei talebani per ottenere il controllo sulle riserve della Banca centrale detenute all'estero e ottenere finanziamenti internazionali. Ma mentre l'Occidente continua a sperare di riuscire a ottenere dei risultati facendo pressione sull'Emirato, il numero di paesi disposti a fare affari con il governo di Kabul si è silenziosamente ampliato. Se all'indomani del loro ritorno a Kabul nell'agosto 2021 solo sei paesi (Cina, Russia, Pakistan, Uzbekistan, Turchia e Iran) avevano mantenuto aperte le loro ambasciate, ora l'elenco si è esteso a 17. Il più recente è l'Azerbaigian, partner chiave degli Stati Uniti durante i due decenni di presenza internazionale in Afghanistan, che il 15 febbraio ha riaperto ufficialmente la sua ambasciata a Kabul. E poche settimane prima, a gennaio, l' ambasciata indiana ad Abu Dhabi aveva persino invitato Badruddin Haqqani, figura talebana di spicco che funge da incaricato d'affari negli Emirati Arabi Uniti, a partecipare alle celebrazioni della festa della Repubblica indiana. Sempre più spesso i talebani sono trattati come rappresentanti ufficiali dell'Afghanistan nei colloqui commerciali o diplomatici, senza che le controparti chiedano loro garanzie sul rispetto dei diritti umani e delle donne afghane. "Questi paesi - rischiano di diventare complici della persecuzione delle donne - avverte l'ong Drops Afghanistan, nel suo Shadow Report, senza contare che "la normalizzazione dei talebani e il loro pieno riconoscimento in spregio alle violazioni dei diritti delle donne e delle ragazze potrebbe avere conseguenze disastrose per i diritti delle donne e delle ragazze a livello globale".

Il commento

di Giuliano Battiston, giornalista e Direttore, Lettera 22

"La crisi dei diritti delle donne in Afghanistan è la più grave al mondo, come certificato dai rapporti dello Special Rapporteur dell'Onu sulla situazione dei diritti umani nel Paese, Richard Bennett. Tanto grave è la situazione da aver spinto alcune organizzazioni non governative a riconoscere una vera e propria persecuzione di genere, un crimine contro l'umanità secondo la giurisdizione di tribunali nazionali e internazionali, inclusa la Corte penale internazionale. Alle condanne delle attiviste afghane e delle Ong non corrisponde però un'adeguata sponda politico-diplomatica: sia i Paesi della regione, sia quelli euroatlantici, sembrano più preoccupati dei rischi del terrorismo che dell'apartheid di genere e temono che, alzando troppo la voce con le autorità di fatto afghane, otterranno esiti opposti: maggiore chiusura e oltranzismo".

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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