Amnesty International – Sezione Italiana OdV

12/12/2024 | Press release | Distributed by Public on 12/12/2024 04:38

Libano: i raid aerei israeliani siano indagati crimini di guerra

Amnesty International ritiene che quattro attacchi aerei delle forze israeliane in Libano, che hanno provocato la morte di almeno 49 civili e distrutto intere famiglie, debbano essere indagati come crimini di guerra.

Secondo il diritto internazionale, gli attacchi diretti contro i civili o gli obiettivi civili, gli attacchi indiscriminati che causano la morte o il ferimento di civili e gli attacchi sproporzionati che comportano perdite eccessive di civili, costituiscono crimini di guerra.

In una ricerca intitolata "Dal cielo piovevano missili: i raid aerei israeliani in Libano devono essere indagati come crimini di guerra", Amnesty International ha rilevato che il 29 settembre le forze israeliane hanno colpito illegalmente edifici residenziali nel villaggio di al-Ain, a nord della valle della Bekaa, il 14 ottobre nel villaggio di Aitou, nel nord del Libano e il 21 ottobre nella città di Baalbeck. Le forze israeliane hanno inoltre attaccato illegalmente la sede del municipio di Nabatieh, nel sud del Libano, il 16 ottobre.

L'esercito israeliano non aveva emesso alcun avviso prima di questi attacchi.

"Questi quattro attacchi rappresentano l'emblema del disprezzo scioccante di Israele per le vite dei civili in Libano e la sua volontà di violare il diritto internazionale", ha dichiarato Erika Guevara Rosas, direttrice delle ricerche e delle campagne di Amnesty International.

"Questi attacchi devono essere indagati come crimini di guerra. Il governo libanese deve convocare con urgenza una sessione speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite al fine di istituire un meccanismo investigativo indipendente su sospetti crimini commessi da tutte le parti in conflitto. Deve inoltre conferire alla Corte penale internazionale la giurisdizione sui crimini previsti dallo Statuto di Roma commessi sul territorio libanese", ha proseguito Guevara Rosas.

Amnesty International ha intervistato 35 persone tra sopravvissuti e testimoni, ispezionato i luoghi degli attacchi a Nabatieh, Aitou e Baalbeck e visitato un ospedale dove erano stati trasportati alcuni feriti. I ricercatori dell'organizzazione per i diritti umani hanno anche fotografato i resti delle munizioni utilizzate negli attacchi per l'identificazione da parte dei propri esperti, verificato numerosi video e materiale fotografico provenienti da fonti locali e social media ed esaminato immagini satellitari dei luoghi colpiti.

L'11 novembre Amnesty International ha scritto alle autorità israeliane chiedendo informazioni sugli obiettivi militari colpiti in queste località e sulle misure adottate per evitare o ridurre al minimo le vittime civili. Al momento della pubblicazione non è stata ricevuta alcuna risposta.

Famiglie decimate nelle proprie abitazioni

Il 29 settembre, intorno alle 4.50 del mattino, un attacco israeliano nei pressi di al-Ain ha distrutto la casa della famiglia siriana al-Shaar, uccidendo tutti e nove i membri della famiglia che dormivano all'interno. Ibrahim al-Shaar, che non era in casa quella notte e quindi è l'unico sopravvissuto, ha dichiarato ad Amnesty International di non avere idea del motivo per cui la sua abitazione sia stata colpita.

Youssef Jaafar, sindaco del villaggio, ha dichiarato: "Era una casa, non c'era alcun obiettivo militare. Era piena di bambini. La famiglia è molto conosciuta nel paese".

Immagini satellitari del 21 maggio mostrano la casa della famiglia al-Shaar ad al-Ain, valle della Bekaa, Libano.

Il 21 ottobre, intorno alle 5.45 del mattino, le forze israeliane hanno colpito il quartiere di al-Nabi Inaam a Baalbeck, distruggendo un edificio che ospitava 13 membri della famiglia Othman.

L'attacco ha provocato la morte di sei persone, tra cui due donne e quattro bambini, e il ferimento degli altri sette membri della famiglia.

Fatima Drai, che nell'attacco ha perso i suoi due figli Hassan di cinque anni e Hussein di tre anni, ha raccontato ad Amnesty International:

"Mio figlio mi ha svegliata. Aveva sete e voleva bere. Gli ho dato da bere e poi è tornato a dormire abbracciando suo fratello. […] Quando lo ha abbracciato, ho sorriso pensando che, al suo ritorno, avrei raccontato a suo padre quanto fosse tenero nostro figlio. Sono andata a pregare e poi tutto intorno a me è esploso. Una bombola di gas è scoppiata bruciandomi i piedi e in pochi secondi le fiamme hanno avvolto la stanza dei miei figli".

Poiché tutte le vittime di questi due attacchi erano civili e Amnesty International non ha trovato alcuna prova della presenza di obiettivi militari nelle abitazioni o nelle loro immediate vicinanze, l'accaduto solleva forti sospetti che gli attacchi alle case delle famiglie al-Shaar e Othman fossero attacchi diretti contro civili e obiettivi civili. Questi attacchi devono essere indagati come crimini di guerra.

Attacco nel nord del Libano: 23 civili uccisi

Il 14 ottobre un raid aereo israeliano ha distrutto un edificio ad Aitou, provocando la morte di 23 civili sfollati dal sud del Libano, oltre ad Ahmad Fakih, ritenuto - da coloro che si trovavano nell'edificio - l'obiettivo dell'attacco.

L'attacco è avvenuto pochi minuti dopo l'arrivo di Ahmad Fakih nell'abitazione.

La vittima più giovane è stata Aline, una bambina di cinque mesi, sbalzata fuori dall'edificio fino a raggiungere un camioncino parcheggiato nelle vicinanze e ritrovata dai soccorritori il giorno successivo.

L'esercito israeliano non ha emesso dichiarazioni pubbliche sull'attacco, né su chi o cosa stesse prendendo di mira ad Aitou, situata nel cuore cristiano del Libano, a oltre 115 chilometri dal confine con Israele. Amnesty International ha visitato il luogo dell'attacco e trovato libri per bambini, giocattoli, vestiti e utensili da cucina tra le macerie dove una volta sorgeva l'edificio.

Anche se Israele avesse avuto come obiettivo Ahmad Fakih, che secondo i superstiti era affiliato a Hezbollah, le modalità e i mezzi di un attacco a un edificio pieno di civili probabilmente lo renderebbero un attacco indiscriminato e potrebbe essere stato sproporzionato data la presenza di un elevato numero di civili. Questo attacco deve, in ogni caso, essere indagato come crimine di guerra.

Un frammento di munizione trovato sul luogo dell'attacco è stato analizzato da un esperto di armi di Amnesty International, che, basandosi su dimensioni, forma e bordi scanalati dell'involucro metallico, lo ha identificato come probabilmente appartenente alla serie di bombe aeree Mk-80, il che significa che si trattava di una bomba di almeno 500 libbre. Gli Stati Uniti sono il principale fornitore di questo tipo di munizioni a Israele.

Una sopravvissuta, Jinane Hijazi, che ha perso la figlia Ruqayya Issa di 11 mesi, ha dichiarato: "Ho perso tutto, la mia intera famiglia, i miei genitori, i miei fratelli, mia figlia. Avrei preferito morire anche io quel giorno".

Attacco al municipio di Nabatieh

La mattina del 16 ottobre un raid aereo israeliano ha colpito il municipio di Nabatieh, nel sud del Libano, uccidendo 11 civili, tra cui il sindaco, e ferendo almeno altre tre persone.

L'attacco è avvenuto senza preavviso, mentre l'unità di crisi del municipio era riunita per coordinare la distribuzione di aiuti, tra cui cibo, acqua e medicine, per i residenti e gli sfollati interni fuggiti dai bombardamenti in altre parti del sud del Libano.

Immagini satellitari mostrano la sede municipale di Nabatieh il 15 ottobre alle 06:28 UTC.

Dopo l'attacco, l'esercito israeliano ha dichiarato che le sue forze avevano colpito decine di obiettivi di Hezbollah nella zona di Nabatieh, senza fare esplicito riferimento a questo specifico attacco. Tuttavia, Amnesty International non ha trovato alcuna prova della presenza di un obiettivo militare presso la sede municipale al momento dell'attacco.

"Israele ha una storia terribile di raid aerei illegali nella Striscia di Gaza e nelle passate guerre in Libano, che hanno causato un tributo devastante di civili. Le ultime prove di raid aerei illegali durante l'ultima offensiva di Israele in Libano sottolineano l'urgenza che tutti gli stati, in particolare gli Stati Uniti, sospendano i trasferimenti di armi a Israele, dato il rischio che vengano usate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale", ha concluso Erika Guevara Rosas.