10/31/2024 | Press release | Distributed by Public on 10/31/2024 08:42
Il 26 ottobre, i cittadini georgiani sono stati chiamati alle urne per le elezioni parlamentari, le prime a svolgersi con un sistema proporzionale. Il rinnovo del potere dell'ormai sempre più autoritario Sogno Georgiano, che ha ottenuto il 53,94% dei voti, è avvenuto in un contesto di frode elettorale, pressione e intimidazione, come riportato dalla missione elettorale dell'OSCE ODIHR, e i partiti di opposizione e la presidente Salome Zourabichvili stanno ora invocando proteste pacifiche su via Rustaveli, di fronte al Parlamento.
La peculiarità di queste elezioni è collegata non solo alla futura tenuta democratica del paese, ma anche al suo allineamento estero. In effetti, queste sono le prime elezioni ad avere luogo dopo che alla Georgia è stato conferito lo status di candidato all'UE, e dopo l'adozione della controversa Legge sugli Agenti Stranieri che minaccia la società civile e i media, due eventi che si sono verificati a soli sei mesi di distanza l'uno dall'altro. In questo contesto, è chiaro perché le elezioni siano state etichettate come un referendum sul futuro europeo del paese.
Tra Sogno Georgiano che annuncia che renderà illegali i partiti di opposizione, l'opposizione pro-europeista che si rifiuta di entrare in Parlamento e le proteste che minacciano di sfociare in violenza, queste elezioni ci hanno riconsegnato l'immagine di un paese altamente polarizzato, dove la geopolitica gioca un ruolo preponderante nella vita di molti cittadini, sia direttamente che indirettamente.
A partire dal primo insediamento nel 2012, Sogno Georgiano ha compiuto passi sostanziali per avvicinare la Georgia al percorso europeo. L'adozione dell'Accordo di Associazione e l'attuazione della liberalizzazione dei visti, culminati con il conferimento dello status di candidato all'UE, sono una testimonianza di questi sforzi. Tuttavia, durante il suo ultimo mandato, il partito al governo ha preso una piega autoritaria, che ha portato all'adozione di leggi contrarie agli impegni assunti nell'ambito dell'integrazione europea. Inoltre, Sogno Georgiano ha diffuso fake news e teorie del complotto contro l'Occidente, inclusa quella del cosiddetto Global War Party, ovvero una presunta alleanza di forze occidentali e locali che spingerebbe la Georgia verso un conflitto con la Russia. Allo stesso tempo, Bidzina Ivanishvili, oligarca miliardario con stretti legami con il Cremlino e leader di fatto di Sogno Georgiano, sembra intenzionato a perseguire una politica estera da lui definita pragmatica, al fine di evitare scontri con Mosca. Un mese prima delle elezioni, Ivanishvili ha dichiarato che la Georgia dovrebbe scusarsi con la regione separatista dell'Ossezia del Sud per la guerra del 2008 contro la Russia - dichiarazione che ha suscitato rabbia tra la popolazione georgiana.
Questi eventi hanno portato al congelamento del processo di adesione all'UE, alla cancellazione delle esercitazioni militari della NATO in Georgia e alla sospensione di incontri ad alto livello tra i rappresentanti dell'UE e della Georgia. Inoltre, Bruxelles minaccia di imporre ulteriori misure qualora i livelli democratici si deteriorassero ulteriormente, tra cui la sospensione di alcune disposizioni dell'Accordo di Libero Scambio, l'interruzione del processo di liberalizzazione dei visti e persino l'imposizione di sanzioni. Come afferma Irakli Sirbiladze, ricercatore di ReThink.CEE presso il German Marshall Fund degli Stati Uniti: "La Georgia sta entrando in un'altra crisi politica e rischia l'isolamento dall'Occidente. Il processo di integrazione dell'UE della Georgia è destinato a rimanere sospeso fino a quando la crisi politica non sarà risolta e il nuovo governo non tornerà a una vera democratizzazione. Ipotesi poco probabile se Sogno Georgiano formerà il governo; quindi, un lungo congelamento delle relazioni UE-Georgia è la migliore aspettativa plausibile che si possa avere per ora".
Questa situazione può destabilizzare l'intero Caucaso meridionale, una regione molto vulnerabile all'interferenza russa, dove, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, la Russia non ha mai smesso di affermare e rafforzare la propria egemonia a discapito della stabilità regionale. Se negli ultimi anni la morsa di Mosca sulla regione si era indebolita a causa di eventi come la fine della guerra in Karabakh, la svolta a occidente dell'Armenia, la partnership energetica tra Bruxelles e Baku e i progetti di integrazione europea della Georgia, i recenti sviluppi rischiano di isolare la regione, fornendo al Cremlino l'opportunità di ristabilire la sua influenza.
Tra tutti i paesi del Caucaso meridionale, l'Armenia è quella che rischia di pagare le conseguenze più gravi. L'avvicinamento di Yerevan all'Occidente dopo il 2020 sta procedendo con successo, come dimostra il dispiegamento della Missione di Monitoraggio dell'Unione Europea, l'avvio del dialogo sulla liberalizzazione dei visti e il supporto economico alle Forze Armate armene attraverso l'European Peace Facility. I tentativi dell'Armenia di differenziazione della politica estera sono stati accolti con entusiasmo dall'UE, ma il deterioramento delle relazioni con Tbilisi rischia di ostacolare un rafforzamento delle relazioni, se non addirittura di metterle in pausa. Infatti, tra i Paesi del Caucaso, la Georgia è quello che tradizionalmente ha avuto la politica estera più allineata all'UE e gode di maggiore margine di manovra rispetto all'Armenia. Il fallimento dell'integrazione europea della Georgia potrebbe fungere da deterrente per il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, e i futuri leader armeni potrebbero riconsiderare il pivot della politica estera armena verso l'Occidente.
Allo stesso tempo, la rielezione di Sogno Georgiano ha aperto le porte a un possibile trasferimento in Armenia delle ONG con sede in Georgia per evitare gli effetti dannosi dell'attuazione della Legge sugli Agenti Stranieri, il che renderebbe Yerevan un nuovo hub della società civile pro-occidentale. Attualmente, rispetto agli altri paesi della regione l'Armenia gode dei legami più cordiali con l'Occidente, e la sua "performance democratica" la rende potenzialmente un'opzione adatta per la rilocalizzazione. Tuttavia, per ora, le ONG che hanno scelto di trasferirsi sembrano preferire l'Estonia, abbandonando così la regione. Questo potrebbe essere correlato alle preoccupazioni relative alla rimanente dipendenza economica e militare dell'Armenia dalla Russia nonostante i tentativi di diversificazione della politica estera, oltre che alle difficoltà burocratiche.
Per l'Azerbaigian, la situazione è più ambivalente, ma ugualmente precaria. La fine della guerra in Karabakh e l'invasione russa dell'Ucraina hanno introdotto nuove dinamiche nel Caucaso meridionale, e per un certo periodo il ruolo della Russia nella regione sembrava essersi affievolito, mentre l'Armenia e l'Azerbaigian guardavano all'Occidente come piattaforma principale per la mediazione tra le due parti. Inoltre, sebbene la Russia abbia dispiegato un contingente di peacekeeping per prevenire ulteriori escalation, questo non ha prevenuto l'operazione militare azera nel settembre 2023, e subito dopo i peacekeeper sono stati ritirati permanentemente dalla regione. Tuttavia, le frizioni tra Baku e Bruxelles nell'ultimo anno stanno allontanando ulteriormente la leadership del paese dall'Occidente. La Russia, attualmente dipendente dall'Azerbaigian per lo sviluppo del Corridoio Nord-Sud, una rotta commerciale diventata cruciale per Mosca dopo l'imposizione di sanzioni da parte dell'Occidente, vuole sfruttare questi contrasti per rafforzare le relazioni con l'Azerbaigian.
Sebbene a prima vista la nuova situazione non sembri destare preoccupazioni per Baku, a lungo termine questi sviluppi sono in realtà allarmanti. Secondo Giorgi Badridze, Senior Fellow presso la Georgian Foundation for Strategic and International Studies, "La Russia si è opposta alla formazione di stati sovrani e funzionanti nelle ex repubbliche sovietiche, sperando di tenerli sotto la propria influenza e di ripristinare il proprio controllo. La forza dell'Azerbaigian è stata generata dalla sua capacità di accedere ai mercati internazionali e alla Turchia, suo alleato strategico, senza il controllo russo, attraverso una Georgia pro-occidentale. Un governo apertamente pro-russo in Georgia potrebbe mettere alla prova tutto questo".
In questo contesto, è chiaro che in una regione instabile come il Caucaso meridionale è difficile portare avanti percorsi di democratizzazione senza assicurare prima stabilità . In una zona in cui la paura della guerra continua ad essere reale, i cittadini vorranno principalmente garanzie di sicurezza. Questo spiega forse perché, al di là delle varie frodi elettorali, una certa percentuale di cittadini georgiani ha deciso di dare il proprio voto a Sogno Georgiano e perché la retorica allarmista e antioccidentale di Ivanishvili fa breccia nell'elettorato. Gli sforzi compiuti dall'Occidente in Georgia negli ultimi decenni sono notevoli e hanno portato a traguardi importanti, ma forse non è stata prestata sufficiente attenzione alla dimensione della sicurezza. Sebbene l'Unione Europea abbia garantito alla Georgia supporto militare attraverso European Peace Facility, evidentemente ciò non è stato sufficiente per rassicurare i georgiani che ci siano le prerogative per proseguire lungo il cammino europeo senza reazioni da Mosca. E senza sopperire a questa mancanza, il rischio di isolare ulteriormente il Caucaso dall'Occidente rimane elevato.
Le citazioni presenti nel testo sono estratte da interviste condotte dall'autrice.