ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

11/15/2024 | Press release | Distributed by Public on 11/15/2024 10:45

Europa e IA: il superpotere logora chi non ce l’ha

"L'intelligenza artificiale è il futuro […] Chiunque sarà il leader in questo campo diventerà il padrone del mondo". Con queste parole, in un video inviato agli studenti che stavano per iniziare il nuovo anno scolastico nel lontano 2017, il presidente russo Vladimir Putin poneva l'intelligenza artificiale (IA) al centro delle dinamiche di potere globale. Tale affermazione ha segnato un vero e proprio cambio di paradigma: l'IA non era più un ambito di interesse esclusivo per scienziati e CEO della Silicon Valley, ma un potente strumento geopolitico. La riflessione di Putin indicava chiaramente come il controllo e lo sviluppo dell'IA potessero influenzare gli equilibri globali, un'idea subito ripresa con un tweet da Elon Musk, CEO di SpaceX e Tesla e adesso personaggio chiave della nuova amministrazione Trump. Musk, rispondendo a Putin con la sua conosciuta sfrontatezza, sottolineò che la competizione per la superiorità nell'IA tra le nazioni potrebbe essere la causa più probabile della Terza guerra mondiale.

Oggi oltre un terzo degli Stati del mondo ha sviluppato una strategia per l'intelligenza artificiale, stabilendo finanziamenti e incentivi per promuoverne lo sviluppo. Considerato il ruolo fondamentale che le nuove tecnologie svolgono per l'economia e la sicurezza nazionale di un Paese, è comprensibile che i governi vogliano esercitare il controllo su come l'IA viene progettata, implementata e gestita nelle proprie giurisdizioni, con l'obiettivo di primeggiare nella competizione globale.

Come si calcola il potere dell'IA?

Ma chi ha questo "potere" adesso? La battaglia per la leadership tecnologica nell'intelligenza artificiale non può essere facilmente misurata come il potere militare. L'IA si basa su una combinazione complessa di tecnologie e processi con catene del valore specifiche. Un indicatore importante per determinare la potenza di un modello di IA è la sua capacità computazionale. Negli ultimi tredici anni la potenza di calcolonecessaria per "addestrare" i principali sistemi di IA è cresciuta di oltre 350 milioni di volte, abilitando progressi significativi. Questa capacità è ora un elemento centrale della politica industriale dell'IA, con molte aziende che destinano anche oltre l'80% dei loro investimenti all'incremento della potenza computazionale.

Chip war: i principali attori

Un ruolo cruciale nell'aumentare la potenza computazionale necessaria per l'intelligenza artificiale è svolto dalle unità di elaborazione grafica (GPU), ideali per l'addestramento dei modelli di IA. Oggi solo tre aziende americane dominano il mercato delle GPU: Intel, AMD e NVIDIA. Tra queste, NVIDIA ha un vantaggio considerevole e con i suoi chip di prima classe domina il mercato dei processori per IA (oltre il 70% della quota globale). Inoltre, il software di compilazione CUDA di NVIDIA è lo standard di fatto per gli sviluppatori di IA, rendendo i suoi chip ancora più attrattivi[1]. I processori H100 dell'azienda guidata da Jen-Hsun Huang, tra i più avanzati per addestrare i grandi modelli di intelligenza artificiale, sono così richiesti dalle aziende che sono diventati una risorsa scarsa, aumentando il tempo d'attesa e i prezzi.

Il governo statunitense ha imposto restrizioni all'esportazione di questi microchip avanzati, considerati potenti a tal punto da essere classificati come armi, per limitare i progressi tecnologici della Cina. Queste misure, introdotte nel 2023, mirano a rallentare la corsa del Paese asiatico nel campo dell'intelligenza artificiale e delle applicazioni militari. Washington ha chiesto a Giappone e Corea del Sud di non compensare l'embargo, mentre Pechino ha reagito vietando i prodotti dell'americana Micron Technology e limitando l'export di metalli cruciali per la produzione di chip, come gallio e germanio, destabilizzando le catene di approvvigionamento globali. Per contrastare le restrizioni la Cina ha stanziato 344 miliardi di yuan (quasi 50 miliardi di dollari) per potenziare l'industria nazionale dei semiconduttori e ridurre il divario tecnologico con gli USA.

NVIDIA è una società fabless che progetta chip e ne affida la produzione a fonderie come TSMC, Samsung e Intel. La compagnia taiwanese è al vertice con il 70-80% dei ricavi globali ed è l'unico produttore di chip avanzati per NVIDIA, AMD e Intel, con nodi leader a 3 e 2 nanometri. Non è un caso che Taiwan produca il 60% dei semiconduttori mondiali e il 90% di quelli più avanzati. La sua importanza strategica fa di TSMC lo "scudo di silicio" dell'isola, cruciale per la geopolitica e la difesa contro le rivendicazioni cinesi. Negli ultimi anni la minaccia militare della Cina ha spinto TSMC a diversificare la propria produzione, lanciando progetti di stabilimenti in Arizona e Germania grazie ai sussidi previsti dai Chips Act di USA e Unione europea. Questi piani di sostegno pubblico da parte dell'Occidente mirano a ridurre la dipendenza dalle importazioni e rafforzare la produzione interna di semiconduttori.

Nel campo europeo l'azienda olandese ASML detiene il monopolio nella produzione di attrezzature fotolitografiche necessarie per fabbricare i chip più avanzati. Con una capitalizzazione di 260 miliardi di dollari, supera altre grandi aziende europee come Siemens e Arm. Anche ad ASML è stato imposto l'embargo dei suoi prodotti verso Pechino, privando di fatto l'industria cinese dei macchinari di ultima generazione fondamentali per migliorare la qualità e la prestazione dei semiconduttori. ASML rende l'Europa un attore cruciale nella catena globale del valore dei chip, evidenziando come la "guerra dei semiconduttori" coinvolgerà tutti. Questa situazione obbligherà governi e imprese a bilanciare interessi economici e pressioni geopolitiche, dimostrando il ruolo centrale del settore tecnologico nella competizione tra autocrazie e democrazie.

Data center: l'infrastruttura fisica per l'IA

I vari chip vengono assemblati insieme ad altri componenti in cluster, ospitati all'interno di data center, che rappresentano il livello infrastrutturale del calcolo IA. Queste strutture sono essenziali per mantenere in funzione l'hardware necessario per l'addestramento dei modelli e il cloud computing. Solo una frazione dei 10.000-30.000 data center nel mondo può supportare cluster di GPU, con la Cina che supera gli USA nel numero di regioni abilitate, ma con gli Stati Uniti che ospitano i centri più avanzati. Attualmente il mercato del cloud è dominato da Amazon Web Services, Microsoft e Google, che detengono i due terzi delle risorse globali, creando un quasi-monopolio e rischi di dipendenza per i clienti (lock-in). Questa concentrazione di potere implica pericoli significativi per la sicurezza e la sovranità digitale.

Per riuscire ad affrontare queste ultime due sfide occorre un piano di crescita dei data center e della loro capacità di sostenere il calcolo IA, che però a loro volta dipendono anche da un'infrastruttura energetica solida e interconnessa. Le sfide dell'integrazione energetica sono cruciali per supportare la competitività tecnologica dell'Europa. All'interno del Rapporto sul futuro della competitività europea Draghi delinea la necessità di creare un vero Mercato Unico dell'energia, oggi ostacolata da colli di bottiglia fisici nelle reti elettriche e di gas. Il rapporto suggerisce di accelerare la realizzazione di interconnettori strategici, soprattutto per supportare la transizione energetica e ridurre la dipendenza dalle fonti esterne. Propone anche di istituire un "regime del 28° Stato" per semplificare i processi di approvazione a livello europeo e facilitare i progetti congiunti di interesse comune (IPCEI)​, forse l'unica chiave per poter garantire all'Europa di rientrare in competizione con USA e Cina. La modernizzazione delle reti di distribuzione, soprattutto per integrare risorse rinnovabili distribuite, richiederà un investimento stimato tra i 375 e i 425 miliardi di euro entro il 2030. Questo investimento è necessario per ammodernare le infrastrutture e adattarle alla crescente domanda energetica e alle tecnologie a basse emissioni. Investimenti che richiedono un massiccio intervento privato e non solo pubblico.

L'anima dell'IA: il capitale umano

Se la potenza di calcolo e i data center rappresentano la struttura fisica dell'intelligenza artificiale, il software e il talento ne sono l'anima. Gli Stati Uniti hanno mantenuto la leadership nell'IA grazie alla capacità di attrarre e formare talenti, sostenuti da università con programmi avanzati e dalle grandi aziende tecnologiche. Tuttavia, la Cina e l'India stanno investendo per trattenere i loro ricercatori, incrementando la forza lavoro specializzata. L'Europa invece soffre di carenza di laureati in ICT e molti talenti emigrano, contribuendo al divario con USA e Asia, come evidenziato dal basso numero di brevetti made in EU.

Per stare al passo con gli sviluppi dell'IA le università di tutto il mondo stanno cercando di potenziare le proprie capacità computazionali, ma faticano a tenere il passo con le grandi aziende tecnologiche, che dispongono di enormi risorse finanziarie e di calcolo. Alcuni atenei stanno formando consorzi o partnership per condividere risorse, ma l'accesso a GPU di alta qualità e i costi elevati per accedere ai servizi avanzati in cloud rimangono una sfida significativa. Questa tendenza potrebbe compromettere ulteriormente la capacità delle università di condurre ricerche all'avanguardia e formare i talenti necessari a sostenere l'industria digitale. In Europa il modello EuroHPC (Impresa comune europea per il calcolo ad alte prestazioni), che offre supercomputer per la ricerca scientifica, sembra essere la via giusta. È però necessario aprirlo a start-up e piccole imprese nel campo dell'IA per supportare, come suggerisce anche Draghi, un modello di "IA federato", in grado di fornire capacità di formazione e servizi cloud su scala competitiva.

Ma bisogna anche pensare a cercare di trascinare l'intera popolazione europea verso un modello di investimento in formazione e riqualificazione per rispondere ai fabbisogni di competenze digitali. L'obiettivo di arrivare a 20 milioni di esperti STEM in Europa entro il 2030 richiede un adeguato supporto al settore educativo, con ingenti investimenti non solo economici ma anche culturali. Inoltre, la collaborazione tra industria e sistema educativo è essenziale per lo sviluppo di competenze specifiche per il lavoro, soprattutto per settori strategici come le tecnologie pulite e la robotica avanzata​.

Il capitale umano in Europa, come sta accadendo in molti altri Paesi, deve essere potenziato attraverso un approccio strategico che coinvolga politiche di istruzione, formazione continua e attrazione di talentiper mantenere la competitività in un mercato globale in rapida evoluzione.

Oltre la regolamentazione

Gli Stati Uniti mantengono la leadership nello sviluppo dell'IA, ma sono sfidati dalla Cina e da altri Stati BRICS. L'Europa, invece, fatica a competere: attrae solo il 6% dei finanziamenti globali per start-up di IA rispetto al 61% degli USA e al 17% della Cina, ostacolando la competitività e riducendo la sua quota nel mercato globale delle tecnologie informatiche.

Come evidenziato dal Rapporto Draghi, la regolamentazione tecnologica dell'UE, pur essendo un punto di forza, agisce anche come un freno per la crescita e la diffusione delle tecnologie IA, soprattutto per le PMI, a causa di normative spesso eccessive e disarmoniche tra i Paesi membri. Sebbene disponga di infrastrutture avanzate di calcolo ad alte prestazioni come i supercomputer, settori industriali chiave, un grande mercato interno e un'eccellente capacità di ricerca, l'Europa soffre della mancanza di una strategia integrata che promuova investimenti, collaborazione transnazionale e superamento delle barriere interne. Per fare questo è inevitabile incentivare la cooperazione tra grandi aziende, start-up, istituzioni finanziarie e sistema pubblico per facilitare l'accesso ai dati e alle tecnologie, garantendo al contempo la conformità alle normative sulla concorrenza e contro gli abusi.

La ricetta Draghi: collaborare e osare

Il Rapporto Draghi sottolinea proprio l'urgenza per l'Europa di affrontare il divario di competitività tecnologica, in particolare di fronte alla crescente concorrenza da parte di Stati Uniti e Cina. L'agenda fornisce solide raccomandazioni che richiedono impegno, abbandonando soprattutto la navigazione a vista dove ogni Stato fa per sé e riportando l'intera flotta industriale europea a navigare verso lo stesso obiettivo. Per iniziare bisogna pensare a politiche industriali e di governo che possano incentivare un processo di rapida innovazione. La Bussola europea per il digitale 2030 serve proprio a questo, ma non basta. La mancanza di finanziamenti adeguati è un serio problema per le start-up in fase di crescita, ma anche per le imprese che vogliono scalare per competere sempre di più attraverso solide riforme innovative. L'aumento di capitale di rischio deve essere incentivato. A livello europeo una soluzione potrebbe essere quella dell'"impresa unica europea", capace di permettere a nuove aziende nate in uno dei 27 Stati membri di operare in tutti gli altri attraverso un modello unico di impresa valido in tutto il blocco. La creazione di un "marchio legale europeo" per le imprese innovative potrebbe facilitare l'espansione nei diversi Stati membri, eliminando la necessità di registrazioni separate in ogni Paese​.

Il Rapporto Draghi, inoltre, raccomanda la semplificazione dei diritti di proprietà intellettuale, specie per consentire alle università e ai centri di ricerca di commercializzare più facilmente e più velocemente le proprie innovazioni. Creare un terreno fertile per l'innovazione, puntando su una semplificazione della regolamentazione, su un serio progetto di interoperabilità e sulla ricerca di valide alternative energetiche per sopperire all'abuso di accise sull'energia che rendono le imprese europee poco competitive, deve diventare l'obiettivo comune di tutti gli Stati membri.

La tecnologia è un potere e, come ogni potere, deve essere gestita con saggezza e responsabilità nello spirito critico e pragmatico delle rivoluzioni europee del Rinascimento e dell'Illuminismo. L'intelligenza artificiale ha il potenziale di diventare il "superpotere" del 21° secolo, ma solo se sapremo utilizzarla per favorire il benessere collettivo, rendendola accessibile a tutti e in grado di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico e l'invecchiamento della popolazione.

Le opinioni espresse dagli autori sono strettamente personali e non riflettono necessariamente quelle delle istituzioni in cui lavorano.

[1] CUDA, acronimo di Compute Unified Device Architecture, è la piattaforma che NVIDIA ha sviluppato per poter utilizzare le proprie GPU per eseguire elaborazioni che non siano quelle tradizionalmente legate alla generazione di scene di giochi 3D.